Spazio satira
Frosinone
02.03.2025 - 13:00
Espropri mai formalizzati, cambio di destinazione per i terreni (passati da uso agricolo a industriale), richieste erariali enormi e avvisi di diverse migliaia di euro di pagamento dell’Imu su aree che di fatto non potevano utilizzare in alcun modo. Un disagio che pesa come un macigno sulle tasche dei proprietari da quasi trent’anni, ossia da quando nacque, per poi svanire nel giro di pochi anni, il famoso progetto dell’Interporto. Sono trenta i cittadini, rappresentati dall’avvocato Riccardo Lutrario, che hanno deciso di avanzare un ricorso giurisdizionale al tribunale amministrativo del Lazio contro il Comune di Frosinone, la Regione, il Consorzio per lo Sviluppo Industriale di Frosinone e la Società Interporto Frosinone, la famosa Sif oggi in liquidazione perché dichiarata fallita dal tribunale di Frosinone nel 2020.
Il ricorso è stato presentato venerdì e illustrato ieri mattina dal legale nel corso di un incontro, organizzato dal comitato “Libera Proprietà”, nella sala convegni della Casa del Volontario dove erano presenti, oltre ai soggetti coinvolti, anche i consiglieri comunali Francesco Pallone, Anselmo Pizzutelli e Giovanni Bortone. I cittadini, rimasti coinvolti in una vicenda ai limiti del surreale tanto da autodefinirsi «dei bancomat per le casse pubbliche», chiedono un maxi risarcimento a quello che ritengono il principale responsabile, il Comune di Frosinone. Si parla di un danno totale ipotizzato di 7.878.000 euro, ai quali vanno aggiunti 190.800 euro all’anno «dal momento in cui gli enti – ha spiegato l’avvocato Lutrario – avrebbero dovuto procedere a porre in essere condotte riparatorie dal punto di vista tecnico e urbanistico per quello che avevano fatto in precedenza e non hanno compiuto».
Dunque sul tavolo ci sono somme che superano di poco i 10 milioni di euro, divisi per tutti i 30 soggetti che hanno deciso di agire e che fanno parte del comitato “Libera Proprietà”. Un’associazione nata proprio con lo scopo di tutelare i terreni per evitare che i sacrifici di una vita compiuti dai loro nonni e genitori vadano persi. Infatti, dietro a queste proprietà c’è anche un fattore umano, non di poco conto. Una sorta di vincolo affettivo che lega i titolari, coinvolti nella vicenda, a questi terreni. Per quanto riguarda le tempistiche, entro fine anno dovrebbe essere calendarizzata la prima udienza in modo da avere nel giro di due anni e mezzo una risposta.
Nella perizia viene messo in risalto che «l’Amministrazione era ben consapevole del danno che stesse recando». Tanto da citare anche una seduta del consiglio comunale che risale al 2016, quando il sindaco era Nicola Ottaviani. L’avvocato Lutrario ha sintetizzato l’intervento ricordando che l’ex primo cittadino aveva parlato di «una situazione creata da coloro che lo avevano preceduto, che era consapevole che stava recando a tutti i proprietari dei terreni grossi disagi e danni patrimoniali ma che aveva delle difficoltà a tornare indietro. Sostanzialmente scaricare la responsabilità a chi c’era prima ha comportato a questa inerzia che ha reso, a volte, la vita degli stessi piena di momenti di difficoltà».
Per questi motivi i proprietari dei terreni si aspettano una decisione a loro favorevole, affinché questo caso, che è unico in tutta Italia, non accada più. «Non si deve più ripetere che i proprietari debbano essere ostaggio di una volontà amministrativa laddove il progetto si riveli poi irrealizzabile», ha concluso l’avvocato. La storia è nota a tutti. Siamo nel 1998 e nella zona di Selva dei Muli doveva sorgere l’Interporto. Un complesso integrato nell’area industriale, tra il casello autostradale e la linea ferroviaria Roma - Frosinone - Napoli, di infrastrutture ferroviarie, di strutture e servizi logistici con magazzini, piazzali di stoccaggio, una piattaforma intermodale ferro-gomma a servizio non solo delle imprese della Ciociaria, ma di tutto il Centro Italia, considerata la posizione strategica del sito che si configurava come cerniera tra i due mari. Un progetto che però già nel 2004 aveva iniziato ad assumere tratti chimerici. Troppe le problematiche: l’indisponibilità dei terreni necessari, l’assenza di un piano regolatore territoriale che consentisse di avviare rapide procedure di esproprio e il rinvenimento di un villaggio neolitico. Così nel 2015 l’ultimo presidente, Giuseppe Galloni, e i cinque membri del Cda Sif decisero di rassegnare le dimissioni e qualche anno dopo fu dichiarato il fallimento della società. Ma oggi il nuovo ricorso riaccende una piccola speranza di ottenere, prima o poi, il risarcimento per un danno subìto e che è tuttora in corso.
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