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Giannitti e quel segreto per volare low-cost

Giannitti e quel segreto per volare low-cost

Frosinone Calcio

Giannitti e quel segreto per volare low-cost

Lo chiameranno il diesse low-cost. Quello capace di costruire miracoli a costo zero. Di portarti da Nocera Inferiore a San Siro o da Pagani allo Juventus Stadium facendoti spendere meno di Ryan Air.

D'altronde l'imput di Stirpe è stato sempre lo stesso: «Portami giocatori che stanno bene a Frosinone, per i quali la maglia diventa la seconda pelle. E digli di cominciare a correre. Le star lasciamole altrove». E lui, perfetto esecutore della strategia aziendale ha fatto proprio questo. Girovagando nei campionati dove il calcio è ancora prima di tutto fatica e sudore alla ricerca dell'identikit perfetto per diventare leone. Per giocare a pallone. Prima di pensare ai soldi, alle macchine, alle foto e ai titoli di giornale.
Marco Giannitti non è caduto in depressione all'inizio del campionato quando qualcuno aveva paura di non arrivare a dieci punti e nemmeno a gennaio quando, a mercato ancora aperto, non sono arrivati nello spogliatoio canarino quei nomi che una parte della piazza riteneva indispensabili per sperare di salvarsi. E non si sbilancia adesso.

Ora che la salvezza sembra un obiettivo molto più raggiungibile di qualche settimana fa. Kragl, Pavlovic, Tonev, Ajeti i quattro moschettieri semisconosciuti che, incastrati alla perfezione nella banda Stellone, hanno alzato il tasso tecnico complessivo della formazione canarina, sono sue invenzioni.

E dando a Cesare quel che è di Cesare bisogna riconoscere che Giannitti ha dimostrato ancora una volta di saperci fare. Più di quei diesse con le tasche piene che comprano campioni a suon di milioni di euro. Provateci voi a convincere qualcuno, con quella classifica che ti ritrovavi dopo Natale, a tentare l'impossibile in Ciociaria. Senza offrirgli contratti da star. Chiedendogli invece solo impegno, sacrificio, concentrazione e tanto sudore. Lui ci è riuscito. E se oggi il Frosinone è ancora lì, ad un incollatura dal suo scudetto, vuol dire che quella ruota dell'ingranaggio che è programmazione ma è anche capacità di intuire chi può fare la differenza, non solo ha funzionato ma ha tutti i connotati dell'eccellenza.

Perchè non si può definire altrimenti il lavoro di chi aiuta a plasmare una macchina capace di vincere due campionati di fila e di lottare fino all'ultimo respiro per restare nell'Olimpo del pallone. Facile dire “siamo tutti Leoni” quando vanno bene le cose.

L'onestà impone di ricordare che tutti avevamo “in pectore” il nome che poteva fare la differenza: chi imprecava per Borriello al Carpi, chi voleva Ledesma, chi avrebbe fatto ponti d'oro a Matri. E cosi via fino a completare un album delle figurine fatto di volti e storie che difficilmente avrebbero fatto meglio di questo gruppo dei miracoli.

Costruito, come si fa nelle belle famiglie della nostra terra, senza buttar via niente. Senza regalare soldi alle illusioni. E che continua a farci volare godendoci le meraviglie del calcio che conta.

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