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La situazione

Fca, ancora cassa integrazione. Sos anche nell'indotto, ormai allo stremo

Cancelli chiusi domani e tutti i venerdì del mese. E ieri è stato annunciato un nuovo stop per il 2 e il 6 dicembre. Fusione con Peugeot: ora salgono le preoccupazioni

Nuova cassa integrazione per lo stabilimento Fca di Piedimonte San Germano. Ieri mattina l'azienda ha comunicato lo stop alla produzione per il 2 e il 6 dicembre. Questi giorni vanno ad aggiungersi a quelli già in programma a novembre: oltre che domani, i cancelli resteranno chiusi tutti venerdì del mese, ovvero il 15, 22 e 29 novembre.

Nei primi dieci mesi dell'anno i giorni di stop sono stati in totale 93: con i sei in programma tra novembre e inizi dicembre si sale a 99. Verosimilmente, prima della pausa natalizia, verranno programmati altri giorni di cassa integrazione e varrà quindi sfondato il muro dei cento giorni annui di stop forzato. E le previsioni per il primo trimestre del 2020 non prevedono nulla di buono: la Tiberina, difatti, una delle fabbriche più grandi e importanti dell'indotto di primo livello della Fca ha chiesto l'apertura della cassa integrazione ordinaria dal 2 dicembre e fino alla fine di febbraio.

Vi farà ricorso ogni qualvolta il committente, ovvero Fca, fermerà la produzione e, quindi, gli ordinativi. Sull'indotto di secondo livello e le altre fabbriche della galassia Fca la crisi è ancora più grave tant'è che la consulta dei sindaci ha chiesto alla Regione di attivarsi per garantire gli ammortizzatori sociali.

I dilemmi della fusione
E a tener banco è ancora la fusione con Peugeot, che se da un lato è stata "benedetta" da quasi tutti i sindacati, compreso Maurizio Landini della Cgil, dall'altra vede lo scetticismo proprio dei metalmeccanici della Cgil che evidenziano - come spiega Donato Gatti della Fiom - «che mentre il Governo francese è presente e quindi certamente tutelerà l'azienda, quello italiano mostra un certo disinteresse e si limita a fare l'osservatore».

Significa cioè, questo è il non detto che esplicitano meglio alcuni analisti del settore, che in caso di accorpamenti di stabilimenti sia più l'Italia a rischiare per quel che riguarda l'occupazione nelle fabbriche, che non il gruppo Psa. «Fiat Chrysler e Psa, proprietario del marchio Peugeot si sono impegnate a non chiudere le fabbriche in caso di fusione. Le due aziende però rischiano di essere sottoposte a forti pressioni poiché il gruppo combinato avrebbe una capacità produttiva inutilizzata di quasi sei milioni di veicoli in un mercato automobilistico in rallentamento», rilevano alcuni autorevoli analisti.

La piattaforma Giorgio
E venendo nello specifico allo stabilimento di Cassino, ci sono le parole di Manley a preoccupare. Dopo aver comunicato ufficialmente che nel corso del 2020 la Giulietta uscirà fuori di produzione, l'Ad ha evidenziato anche come la piattaforma Giorgio dove oggi si producono Giulia e Stelvio, e che sembrava la panacea di tutti i mali del sito cassinate, sia destinata ad andare in soffitta quando terminerà il ciclo delle due vetture a marchio Alfa.

La Giorgio dovrebbe sbarcare in Nord America dove verrà utilizzata come base di partenza della nuova generazione di Jeep Grand Cherokee, l'ammiraglia del marchio americano che è quasi pronta per il debutto (in programma nel 2020). Anche Dodge potrebbe utilizzare la piattaforma a trazione posteriore per lo sviluppo di nuove generazioni di alcuni suoi modelli. Difficilmente, invece, la Giorgio sarà utilizzata da modelli dei brand del gruppo Psa.

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