Spazio satira
La ricostruzione
15.10.2018 - 11:30
Lo scandalo che ha investito Montecassino è scoppiato a novembre del 2015. Tre anni fa la Guardia di Finanza di Roma aveva disposto il sequestro di 4 conti bancari e di 2 appartamenti in via Prenestina a Roma, iscrivendo nel registro degli indagati Pietro Vittorelli e suo fratello Massimo. Il campanello d'allarme che fece accendere i motori delle Fiamme gialle fu un'operazione sospetta: nessuna "gola profonda", come dissero gli inquirenti ma movimentazioni di denaro che fecero salire il livello d'allerta. «Opere caritatevoli che non facevano tornare i conti» come disse il gip Passamonti, attraverso cui l'ex abate «avrebbe distratto i fondi sia della diocesi che dell'abbazia fatti transitare su conti sospetti». Un'inchiesta affidata agli uomini del colonnello Joseph Santini che eseguirono un sequestro per equivalente in via cautelativa. Fu un risveglio amaro per tutti: fedeli, comunità benedettina, cittadini di San Vittore del Lazio (città di origine di dom Pietro). La comunità monastica si chiuse nel silenzio, le telecamere dei media nazionali entrarono ovunque, il cardinal Bagnasco fece appello alla Fede. Ora la parola passa ai giudici.
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