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La ricostruzione

Uccise la moglie con 17 coltellate: Emiliano Frocione condannato a 14 anni

La Corte di Cassazione ha scritto la parola fine sull'omicidio di Alessandra Agostinelli, uccisa dal marito nella loro abitazione il 9 settembre del 2014

Uccise la moglie con 17 coltellate, condanna definitiva per l'alatrense Emiliano Frocione. La Corte di Cassazione ha scritto la parola fine sull'omicidio di Alessandra Agostinelli, 34 anni, originaria di Genzano di Roma e madre di due figli, all'epoca dei fatti di 14 e 6 anni. Respinto il ricorso della procura generale che chiedeva di ripetere il processo d'appello per ottenere una pena più alta. Frocione, 41 anni, dovrà scontare 14 anni, di cui 5 già scontati.

Tanti gliene aveva inflitti la Corte d'appello di Roma, riconoscendogli l'attenuante della provocazione, dopo che inizialmente era stato condannato a 18 anni. Nel processo di primo grado, svoltosi con il rito abbreviato, l'accusa era arrivata a chiedere il massimo della pena: trent'anni.

L'aggressione risale alla sera del 9 settembre 2014 nell'abitazione coniugale di Pignano. La donna fu massacrata con 17 coltellate, «con lucida freddezza», aveva sostenuto l'accusa all'epoca del processo di Frosinone. Il fatto secondo la ricostruzione della procura era stato ricondotto a una precedente aggressione subita dalla ragazza che avrebbe riportato una frattura al setto nasale, una forte contusione alla testa e delle lesioni agli incisivi anteriori. Lei a quel punto avrebbe colpito, in bagno, Frocione con una coltellata alla schiena, scatenando la reazione violenta del marito, che l'avrebbe prima disarmata e poi, visto che la porta era bloccata sarebbe uscito dalla finestra. Frocione in cucina si sarebbe armato con un coltello per poi tornare in bagno e colpire con ferocia la donna. Quindi avrebbe tentato, senza riuscirci, il suicidio. La donna, invece, morì dissanguata per le ferite riportate e soffocata dal sangue che gli era finito nei polmoni.

Per la difesa, invece, l'imputato aveva reagito dopo esser stato colpito a sua volta con una coltellata. E pertanto era stata invocata la legittima difesa.
Nel corso del processo, peraltro, l'avvocato Enrico Pavia, che rappresenta Frocione, aveva chiesto la possibilità di decodificare l'i-Phone della vittima. Tuttavia il contributo offerto dall'Apple si era rilevato non sufficiente per una non coincidenza dei codici. C'era stata la possibilità di avvalersi di una ditta israeliana, ma per l'alto costo dell'operazione, 500 mila dollari, l'opzione era stata bocciata.

Dopo la prima condanna l'uomo era tornato agli arresti domiciliari in una struttura psichiatrica visto il suo stato di salute (è stato anche ritenuto incapace di partecipare al processo), ritenuto incompatibile con il regime carcerario. E da lì, a maggio era stato arrestato per una serie di violazioni, l'ultima delle quali era stata un furto di un gelato. Da allora è in carcere a Cassino, anche se, in questi giorni, una nuova perizia ne ha certificato l'incompatibilità con il carcere, imponendo il trasferimento in una struttura attrezzata.

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