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Sete di giustizia

Omicidio Morganti: rose bianche, commozione e voglia di giustizia

Tanti gli amici di Emanuele presenti nell'atrio del tribunale. Abbracci e lacrime alla notizia della decisione del gup sul rinvio a giudizio dei quattro imputati

Rose bianche. Compostezza. Silenzio. Di striscioni nemmeno l'ombra. A parlare erano i loro occhi, la loro attesa e, soprattutto, la loro presenza. Tutti uniti per dire «noi siamo qui a chiedere giustizia per il nostro amico Emanuele. Lo facciamo senza troppo clamore confidando nella giustizia, perché vogliamo che la verità venga fuori e che chi ci ha portato via il nostro amico venga condannato». Alle 8.30 di ieri già qualcuno era davanti al tribunale di Frosinone, dove poco più di un'ora dopo ha avuto inizio l'udienza preliminare, in camera di consiglio, per stabilire se accogliere la richiesta della procura di mandare a processo i quattro arrestati, Franco e Mario Castagnacci, Paolo Palmisani e Michel Fortuna, per il delitto del giovane di Tecchiena Emanuele Morganti.

Il sole non era troppo cocente e alcuni hanno atteso l'arrivo degli altri gruppi, che man mano hanno raggiunto il tribunale, fuori dall'atrio, nel piazzale. Con il passare dei minuti il gruppetto è diventato più numeroso. Non sono andati a lavoro per far sentire comunque la loro presenza ai familiari del giovane alatrense ucciso a marzo dello scorso anno. Qualcuno ha portato anche i bambini. Perché era troppo importante essere lì in un giorno come quello di ieri, per chi da sedici mesi chiede verità su quanto accaduto la notte tra il 24 e il 25 marzo 2016 ad Alatri, in piazza Regina Margherita. Molti avevano rose bianche in mano, poi consegnate a tutti gli altri presenti. Fiori che tenevano stretti, come fosse la mano del loro amico Emanuele. Poi sono entrati nell'atrio, chi appoggiato al cancello, chi alle colonne, altri sulle panchine. In attesa. In attesa che qualcuno li avvisasse che da lì a poco ci sarebbe stata la decisione del giudice. Dopo le 11 la maggior parte di loro è salita al primo piano del Palazzo della giustizia per apprendere subito quanto stabilito. Rinvio a giudizio per Franco e Mario Castagnacci, Paolo Palmisani e Michel Fortuna. L'accusa è di omicidio volontario.

Poco prima di mezzogiorno, appena è stata annunciata la decisione, sono scesi tutti gli amici. Sono tornati nell'atrio. Chi aveva gli occhi rigati dalle lacrime, chi un sorriso di soddisfazione. Abbracci, strette di mano e sempre quelle rose bianche. Da lì a poco avrebbero raggiunto il cimitero di Frosinone per portare quei fiori sulla tomba di Emanuele. Per pregare, restare in silenzio, "parlare" con lui. E gli abbracci non sono mancati neppure tra i familiari di Emanuele, mamma Lucia, il papà Giuseppe, la sorella Melissa, il fratello Francesco e i nonni.

Abbiamo raggiunto Melissa. Aveva gli occhiali da sole, ma si intravedevano i suoi occhi lucidi. Ha preferito non dire nulla, se non che è stata una mattinata intensa. Ma i suoi occhi hanno parlato. Continuano a chiedere giustizia per suo fratello. Non si arrendono. Ha apprezzato molto anche la presenza degli amici. Proprio loro le hanno consegnato una rosa bianca per portarla tutti insieme a Emanuele. E la vicinanza e la voglia di chiedere giustizia non sono mancati neanche sulle pagine Facebook, dei vari gruppi creati subito dopo la morte del giovane alatrense. In tanti che non sono riusciti a raggiungere il tribunale hanno comunque voluto far sentire la loro voce. Tutti uniti da una parola: giustizia. È quella che chiedono ormai da oltre un anno. «Siamo qui per chiedere giustizia. Per chiedere che il responsabile o i responsabili paghino. Non siamo noi i giudici e non vogliamo accusare nessuno. Ma chi ha ucciso Emanuele deve pagare. Non può e non deve, o non devono, rimanere impuniti. Siamo contenti che il processo resti a Frosinone. È giusto anche per la famiglia».

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