Il risvolto
31.08.2025 - 14:00
Un «concreto pericolo» di reiterazione del reato. È questa la motivazione, del gip di Cassino Claudio Marcopido, della scelta di imporre il divieto di dimora nelle province di Frosinone e Latina al consigliere provinciale e comunale di Arpino Gianluca Quadrini, nel frattempo sospeso dalle funzioni dal prefetto. L’indagine della procura di Cassino è sostanzialmente conclusa: ai sei indagati è stato recapitato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari. I reati ipotizzati, sulla scorta delle indagini condotte dalla Guardia di finanza, prima con il Nucleo di polizia economico finanziaria poi con la tenenza di Arce, coordinati dal procuratore di Cassino Carlo Fucci e dal sostituto Alfredo Mattei, sono di truffa e peculato. Quest’ultima fattispecie viene contestata al politico per l’uso delle auto di servizio della XV comunità montana Valle del Liri un pick-up Mitsubishi L200 e un’Alfa Romeo 166 e delle schede carburante.
Il gip ha condiviso in buona parte le richieste della procura (che puntava agli arresti domiciliari, anche se poi lo stesso procuratore Fucci in conferenza stampa ha approvato la scelta operata dal giudice delle indagini preliminari) applicando la misura per tutte le contestazioni avanzate, tranne quella relativa all’utilizzo dei permessi da scuola. In questo caso, Quadrini, infatti, nel corso dell’interrogatorio preventivo ha dimostrato che solo per pochi giorni non aveva comunicato, dopo le elezioni, la mancanza delle delega, poi ottenuta per mansioni superiori. Inoltre, ha ribadito di aver diritto a premessi per un monte ore superiore a quello effettivamente usufruito e a quello contestato. Sul fronte delle altre imputazioni, in modo particolare quelle per l’uso del personale della comunità montana e delle società partecipate della provincia (Apef e Frosinone formazione lavoro) per finalità politiche e per il rimborso delle spese legali per una precedente assoluzione il gip ha ritenuto la «gravità delle condotte poste in essere». Ma ha anche effettuato una previsione in ordine a una «progressione criminosa idonea a far ritenere sussistente anche l’attualità dell’esigenza cautelare». Al tempo stesso, il giudice ha ritenuto sufficiente allontanare l’indagato dal territorio principale di riferimento della sua attività politica. Da qui il divieto di dimora che, ora, la difesa, rappresentata dall’avvocato Claudio Di Ruzza, impugnerà davanti al tribunale del Riesame. Quadrini, come già fatto all’interrogatorio preventivo, al quale è stato sottoposto a luglio, contesta tutte le accuse che gli vengono mosse.
Quanto al personale assunto da una cooperativa sociale, per progetti, della XV comunità montana, di sviluppo del territorio e per la valutazione di un’eventuale trasformazione dell’ente montano in unione dei comuni, per circa 90.000 euro, l’accusa contesta l’impiego in via esclusiva o prevalente da parte di Quadrini in «attività di promozione politica ed elettorale». Gli stessi sei lavoratori, sentiti dagli investigatori, avrebbero dichiarato di non aver preso parte ai progetti per i quali erano stati assunti con incarichi occasionali. E ancora di aver ricevuto istruzioni dallo stesso indagato e di non aver ricevuto i compensi direttamente dal politico. Il personale avrebbe poi disconosciuto anche le sottoscrizione dei fogli presenza consegnati alla comunità montana. Inoltre, secondo gli elementi raccolti dai finanzieri la relazione finale del progetto risulterebbe priva di un apporto tecnico professionale e copiata pedissequamente da articoli presenti online.
Per il capitolo relativo all’impiego delle tre lavoratrici, risultate retribuite da Apef, Frosinone formazione e lavoro e da Fondazione Logos con finanziamenti della Provincia e della Regione, l’ipotesi avanzata dalla procura è che il personale sarebbe stato destinato a curare sostanzialmente la campagna elettorale e comunque attività di natura istituzionale e politica di Quadrini, senza ricevere dallo stesso alcuna remunerazione a parte un telefono con scheda sim. Secondo l’accusa l’uso di tale personale non sarebbe giustificato dal ruolo di consigliere provinciale (anche delegato) svolto da Quadrini a piazza Gramsci e per «settori non attinenti alle attività» delle tre società. Da qui la contestazione di «una deliberata distorsione dell’utilizzo di risorse latamente pubbliche per fini privati» per avvantaggiarsi «anche a discapito degli avversari politici». Infine, il caso del rimborso delle spese legali. La procura contesta a Quadrini, al quale per due volte la comunità montana lo aveva rifiutato, tanto che lo stesso finiva per abbassare le pretese economiche, di aver cercato di farsi indennizzare non soltanto delle «somme effettivamente spettanti, ma anche di un importo maggiore per costruirsi un fondo cassa».
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