Spazio satira
L'intervista
29.09.2024 - 18:00
Frosinone è la quindicesima provincia d’Italia per incendi e incendi boschivi. Lo dice il Sole 24 Ore nella classifica sulla criminalità in Italia di recente pubblicata. Un problema, quello degli incendi boschivi che si ripete ciclicamente anche nelle stesse zone e che pure nel 2024 ha destato molta preoccupazione. «È un problema serio. Anche quest’anno abbiamo registrato diversi eventi», commenta il tenente colonnello Vitantonio Masi comandante del Nipaaf dei carabinieri forestale di Frosinone.
Avete notato che i punti dove scoppiano gli incendi sono gli stessi?
«Dipende. Ci sono incendi ciclici. Più che i punti sono le zone che sono le stesse. Non si va nello stesso punto dell’anno precedente che, invece, sarà ripreso quando ci sarà stata la ricrescita. La Bagnara, per esempio, è un’area molto vasta e ogni volta viene attaccata in punti diversi».
Tanti incendi sono colposi però...
«Quelli colposi sono tanti. Purtroppo c’è ancora la convinzione che i residui vegetali si possono bruciare perché è una consuetudine che deriva da antiche pratiche agricole. Solo che la normativa ambientale è cambiata: bruciare residui vegetali è bruciare rifiuti a tutti gli effetti. Nel periodo di massima allerta - quest’anno la campagna d’antincendio boschivo va dal 15 giugno al 15 ottobre - c’è il divieto assoluto. E bruciare i residui vegetali può essere sanzionato sia amministrativamente che penalmente. Anche le aziende agricole non possono bruciare rifiuti vegetali. Una delle cause principali degli incendi che si sviluppano è data proprio dagli incendi di rifiuti vegetali. Solo in alcuni casi è consentito dalla legge. È pericoloso per se stessi e per gli altri. Il fuoco non si controlla con strumenti semplici quali le piccole pompe d’acqua. Poi ci sono anche eventi naturali, come i fulmini che colpiscono gli alberi, ma sono eventi del tutto residuali».
Ci sono poi gli incendi dolosi...
«Bisogna sfatare la leggenda del piromane, ossia chi appicca incendi per puro piacere personale. Gli incendiari hanno sempre una motivazione. Questioni legate ai pascoli, alla caccia oppure semplici dispetti. Abbiamo trovato casi in cui l’autore era convinto che il fuoco sia un mezzo per pulire i terreni dalle erbacce. Ma il fuoco non pulisce, al contrario: distrugge la biodiversità. Ecco allora che il problema diventa di cultura ambientale. Le ripuliture si fanno con i mezzi adatti e non con il fuoco, così come i residui vegetali vanno correttamente smaltiti e non bruciati».
Quest’anno come sta andando?
«Finora abbiamo avuto 73 incendi con 1.261 ettari bruciati, di cui 29 solo ad agosto e 778 ettari bruciati, ma il dato è ancora provvisorio. Abbiamo avuto già 5 incendi a marzo e altrettanti ad aprile, mesi nei quali di solito non ci sono particolari eventi. Anche a settembre ci sono stati 5 incendi, ma ciò è dipeso dalla particolare piovosità che quest’anno ha caratterizzato questo mese, che ha ridotto le possibilità di propagazione del fuoco».
Cosa fare quando si avvista un incendio boschivo?
«La cosa fondamentale è chiamare subito i carabinieri forestali, oltre ai vigili del fuoco e alla protezione civile. Chi fa le investigazioni sono i carabinieri forestali e per questo bisogna intervenire nell’immediatezza in modo da riuscire a ricostruire il punto di partenza del fuoco, la direzione del fuoco, gli eventuali inneschi usati e se ci sono altri inneschi non attivatisi».
Le tecniche d’indagine sono fondamentali.
«Individuare il punto di partenza di un incendio è essenziale. Se ci sono più punti di partenza, l’incendio è chiaramente doloso».
Proviamo a fare un identikit dell’incendiario. Chi è?
«È scaltro, conosce il territorio e sa come non farsi beccare. Uno che usa inneschi che si possono attivare dopo ore in modo da crearsi un alibi. Sono dei veri criminali ambientali. Sono uomini dai 40 anni in su, di bassa istruzione, molto legati al territorio del quale hanno una profonda conoscenza che consente loro di appiccare con efficacia incendi che si rivelano particolarmente distruttivi».
Gli effetti sono poi pesanti per il territorio.
«L’incendio produce effetti devastanti. Nelle strade sottostanti c’è il rischio che il distacco di massi possa creare seri pericoli alla circolazione, come successo nel 2012 sul Tracciolino. Il ripristino della biodiversità in un’area percorsa dal fuoco richiede anni, e comunque non sarà più quella di prima. Inoltre ci sono norme che vincolano i terreni arsi dal fuoco, che è un forte deterrente. Nonostante ciò spesso troviamo gente che, sulle aree percorse dal fuoco, raccoglie prodotti della terra, che costituiscono un pericolo per la salute».
Come si lavora sulla prevenzione?
«Con la collaborazione degli enti e dei cittadini. I Comuni devono emanare le ordinanze finalizzate a rimuovere e ripulire la vegetazione, e provvedere all’installazione di adeguati sistemi di videosorveglianza. La videosorveglianza più è capillare più è facile monitorare gli spostamenti in zone di campagna. Essenziale, poi, è un continuo scambio di informazioni tra tutti gli enti direttamente interessati. Infine l’apporto della cittadinanza è fondamentale, non solo evitando comportamenti che facilitano l’insorgenza di incendi, ma anche comunicando alle autorità competenti qualsiasi informazione utile al fine di individuare i responsabili di un reato così abietto».
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