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L'inchiesta “Pay to drive”

Patenti facili, come funzionava il sistema: tutti i dettagli in aula

Sentito in tribunale l'ex capo della squadra mobile. Carlo Bianchi ha riferito di un controllo effettuato dalla polizia che non consentì ai suggeritori di entrare in aula

Gennaio 2015. È la prima delle sessioni di esame finite nel mirino della squadra mobile nell'inchiesta "Pay to drive". Ieri, a sette anni da quei fatti, e a una settimana dai nuovi arresti per un'ulteriore indagine sempre della squadra mobile sulla Motorizzazione di Frosinone, si è aperto il processo nato dalla inchiesta madre. Da quest'ultima l'attenzione si è focalizzata poi sui beneficiari delle patenti facili. Così ieri, dopo il rinvio a giudizio di 72 imputati presenti alle sessioni di esame incriminate, è stato sentito l'allora capo della squadra mobile di Frosinone Carlo Bianchi. Il primo dirigente, che ora dirige la divisione amministrativa della questura ciociara, è stato ascoltato per un paio d'ore su una delle cinque sessioni per le quali si sta svolgendo il processo. Il suo esame proseguirà poi a maggio.

L'ex dirigente della Mobile si è concentrato in primis sulla figura di Donato Ferraro, titolare di tre autoscuole a Cassino, imputato non in questo ma nell'altro processo per inquadrare l'indagine. Ha ripercorso così le fasi dell'in chiesta condotte con intercettazioni e video (anche nella stanza del direttore dell'epoca c'erano microfono e telecamera). Bianchi ha fatto cenno alla consegna delle buste con il denaro, al ruolo dei suggeritori in grado di aiutare ciascuno, secondo quanto appurato dai video, 4-5 persone a seduta per un totale tra 20 e 30 candidati. «I suggeritori non si aggiungevano ai candidati ma si sostituivano», ha ribadito il teste facendo il conteggio dei presenti.

Ha riferito sul linguaggio criptico che la squadra mobile era riuscita a decifrare e anche del sistema escogitato che contava su altre autoscuole della zona per portare più candidati possibile agli esami e sulle richieste di avere esaminatori compiacenti nelle sessione dove c'erano i candidati da promuovere. Bianchi ha parlato anche dei procacciatori dei candidati, tra questi due cinesi a Napoli e un egiziano. Bianchi ha riferito di un controllo effettuato tra la prima e la seconda sessione d'esame il che ha comportato che due dei tre suggeritori presenti alla prima non siano potuti entrare alla seconda, con il risultato che i candidati da promuovere sono stati bocciati.

Questo imprevisto viene commentato in un'intercettazione ambientale in cui alla fine si dice che era meglio così in modo da non dare troppo nell'occhio.
Infatti, alla sessione successiva saranno tutti promossi.
Bianchi ha ricordato tutta una serie di telefonate prima dell'esame e di un sistema con videocamera e segni che non ha funzionato e fu abbandonato. Il presidente del collegio ha chiesto pure dei compensi. Bianchi ha fatto cenno a intercettazioni ambientali in cui i titolari delle autoscuole avrebbero pagato Ferraro, ai cinesi che concordavano il dare e avere.

Quindi ha detto che questi recentemente è stato riarrestato dalla polstrada. «Dalle intercettazioni la sua parcella è nota. Dalle perquisizioni abbiamo trovato le schede con i pagamenti», ha aggiunto Bianchi.
Tra gli imputati ci sono dei ciociari, residenti a Sora, Cassino, Monte San Giovanni Campano, Rocca d'Arce, Campoli Appennino, Pontecorvo, Piglio, Isola del Liri, Boville Ernica e Arpino, ma anche italiani e stranieri provenienti da fuori regione. Sono difesi dagli avvocati Carlo Coratti, Mario Cellitti, Giampiero Vellucci, Antonino Nobile, Lucia Melone, Carlo Mariniello, Martina Stirpe, Carla Parmeggiani, Antonio Celani, Pietro Polidori, Giuseppe Lo Vecchio e Gianfranco Rotondi.

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