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Il risvolto

Morganti, lo sfogo della sorella: «Delusi e amareggiati. La riduzione non l'abbiamo capita»

Melissa non si nasconde dopo la decisione. Le sue riflessioni sono quelle di una sorella devastata dalla tragedia ma sempre in prima linea per cercare di avere giustizia

Amarezza, delusione e tanta stanchezza, soprattutto mentale. Ma anche voglia di non arrendersi. Questi i sentimenti che ieri nel primo pomeriggio, alla lettura della sentenza d'appello pronunciata a Roma, sono emersi dalle reazioni dei familiari di Emanuele Morganti. Poche le parole a caldo, anzi, all'uscita del tribunale bocche cucite e sguardo rivolto verso il basso. Dopo solo qualche ora, al rientro a casa, ancora una volta è stata Melissa Morganti, sorella di Emanuele, a non tirarsi indietro nel voler commentare una sentenza tanto attesa e per certi versi temuta.

Perché il pensiero che, comunque, tutto potesse essere ribaltato, in cuor suo come per il resto della famiglia, c'era. Le sue riflessioni sono quelle di una sorella devastata da questa tragedia che sin dal primo istante l'ha vista in prima linea nel cercare di avere giustizia gridandolo in tutte le maniere.

Cosa avete provato alla lettura della sentenza?
«Più che delusione siamo rimasti molto amareggiati soprattutto dalla conferma che in Italia, nei tribunali, ancora continuano a prevalere tecnicismi e cavilli giuridici più che la ricerca della verità e l'affermazione della giustizia».

Temevate la decisione dei giudici?
«Sicuramente potevamo rischiare grosso anche noi, cioè rischiare che questa sentenza venisse ribaltata completamente e ritrovarceli magari tutti liberi. Sostanzialmente è stata confermata la sentenza di primo grado anche se non abbiamo ancora capito bene la riduzione dai sedici a ai quattordici anni. Ma questa cosa ce la spiegheranno».

Siete evidentemente delusi...
«L'amarezza è tanta, sì. Perché anche questa volta venti minuti di ferocia e persecuzione verso mio fratello non sono bastati a convincere i giudici e quelli popolari. Una condanna maggiore, come abbiamo sempre ribadito, non ci avrebbe restituito Emanuele, ma forse una sentenza diversa sarebbe stata un deterrente verso chi commette questi gesti».

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