Spazio satira
L'analisi
22.09.2020 - 09:01
Via libera al taglio di 345 seggi parlamentari. La partecipazione al referendum, a livello nazionale, è stata del 53,78% degli aventi diritto. Non c'era bisogno del quorum, ma in ogni caso sarebbe stato raggiunto. Si procede, quindi, con la modifica degli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione. A livello nazionale le previsioni non sono state smentite: è finita 70 a 30 per i Sì. In provincia di Frosinone la percentuale è stata addirittura più alta: 75,20% per i Sì e 24,80% per i No. A livello numerico i Sì sono stati 140.000, i No 46.000. Un distacco netto.
La Ciociaria si allinea
In nessuno dei 91 Comuni della provincia ha vinto il No. Anche se in Ciociaria l'affluenza è rimasta sotto il 50%. E cioè al 48,18%. Con un evidente effetto traino nei Conuni (9) dove si votava pure per le amministrative. Ad Alatri il Sì ha ottenuto il 77,95%, ad Anagni il 74,90%. A Cassino è finita 73% a 27% per il Sì. A Ceccano 75,49%, contro il 24,51% dei No. A Frosinone i Sì hanno ottenuto il 69,19%, i No il 30,81%. A Veroli Sì al 78,84%.
I nuovi numeri
I deputati scendono da 630 a 400, i senatori da 315 a 200. Inclusi i parlamentari eletti all'estero: 8 deputati (contro gli attuali 12) e 4 senatori (contro gli attuali 6). I senatori a vita potranno essere al massimo 5. La legge costituzionale è stata soggetta a referendum perché in una delle due ultime letture (quella al Senato) non era stata approvata con la maggioranza dei due terzi dei componenti. Settantuno senatori avevano quindi chiesto e ottenuto il referendum. La legge è già in vigore, ma non operativa. Lo diventerà tra 60 giorni, il tempo tecnico che occorre per ridisegnare i collegi. Anche se a questo punto diventa prioritario mettere mano ad una nuova legge elettorale. Con il ridisegno dei collegi che dovrebbe avvenire (per logica) dopo. Naturalmente il taglio dei parlamentari non si riferisce all'attuale Parlamento, che resta con i numeri attuali (630 deputati e 315 senatori). Ma sarà importante anche procedere ad altre riforme, perché l'impianto costituzionale repubblicano si fonda su un sistema di pesi e contrappesi. Un sistema destinato a profonde modifiche, per esempio su scenari come l'elezione del presidente della Repubblica, la composizione della Corte Costituzionale e del Consiglio Superiore della Magistratura. Per non parlare del nodo della rappresentanza dei territori e di province come quella di Frosinone.
Le reazioni politiche
Luigi Di Maio (Movimento Cinque Stelle) ha subito sottolineato: «Quello raggiunto è un risultato storico. Torniamo ad avere un Parlamento normale, con 345 poltrone e privilegi in meno. È la politica che dà un segnale ai cittadini. Senza il Movimento 5 Stelle tutto questo non sarebbe mai successo». Mentre il leader del Pd Nicola Zingaretti si è detto soddisfatto del risultato del referendum. Rilevando: «È confermata la validità della scelta del Pd. Ora avanti con le riforme. Rappresenteremo anche molte delle preoccupazioni di chi ha votato No reputando insoddisfacente solo il taglio dei parlamentari». Sulla stessa lunghezza d'onda il presidente del consiglio regionale del Lazio Mauro Buschini e il segretario provinciale del Pd Luca Fantini. Dice Mauro Buschini: «La vittoria del Sì al referendum, sostenuta convintamente dal Partito Democratico, rappresenta il primo tassello per una stagione di riforme che si apre per una nuova legge elettorale, per il superamento del bicameralismo paritario e per il rafforzamento della democrazia rappresentativa».
Luca Fantini nota: «Il risultato del voto su referendum e regionali ci consegna un dato importante per il futuro del Pd e del Paese. La linea politica del segretario Zingaretti è risultata vincente con il Partito Democratico primo quasi ovunque che si conferma unica alternativa alle destre. Chi sperava in una debacle per indebolire la segreteria del partito ha preso un abbaglio».
Sintetico il giudizio di Francesco De Angelis, leader di Pensare Democratico. Rileva: «Hanno vinto le riforme, ha vinto il cambiamento. Ha vinto il Pd, ha vinto Nicola Zingaretti».
In realtà il taglio dei parlamentari è una "battaglia" storica soltanto del Movimento Cinque Stelle. Anche altri partiti si sono espressi per il Sì. La Lega e Fratelli d'Italia per esempio. Oltre al Pd, che però in Parlamento per tre volte si era espresso per il No. Cambiando orientamento soltanto lo scorso anno, dopo l'accordo politico con i Cinque Stelle per il sostegno al Governo. E in ogni caso nei Democrat, come anche nella Lega, erano fioccati i "distinguo". Per il No si erano espressi, per esempio, Romano Prodi, Walter Veltroni, Rosy Bindi, Matteo Orfini, Laura Boldrini e Gianni Cuperlo nei Democrat. Mentre nel Carroccio si erano detti contrari Giancarlo Giorgetti, Claudio Borghi, Gian Marco Centinaio, Attilio Fontana. In Fratelli d'Italia per il No era Guido Crosetto. Forza Italia e Italia Viva avevano lasciato libertà di coscienza, mentre +Europa e Azione di Carlo Calenda avevano detto No. Ma il punto è chiaro: quasi tutti si erano adeguati all'impostazione dei Cinque Stelle per non essere scavalcati sul fronte del populismo.
Cosa succede adesso
I Cinque Stelle, con il Sì al referendum, hanno indubbiamente incassato un risultato politico che verrà messo sul piatto per quanto riguarda la tenuta del Governo. Ma è evidente che Luigi Di Maio si è cimentato sul terreno più semplice, quello referendario. Mentre sul versante delle regionali e delle comunali i pentastellati continuano a non toccare palla. Ora però dipenderà dalla legge elettorale, ma fino ad un certo punto. Perché inevitabilmente la rappresentanza di territori come la provincia di Frosinone rischia un forte ridimensionamento. Poi alcune considerazioni vanno fatte. Con meno parlamentari e una legge elettorale probabilmente proporzionale, è evidente che saranno ancora di più le segreterie di partito a decidere chi sarà eletto e chi no. Con il sistema dei listini, delle candidature bloccate, dei paracadutati e tutto il resto. In Italia comunque prosegue un certo trend. Iniziato con la riforma delle Province, declassate ad enti di secondo livello, per le quali non vota più il popolo sovrano.
Alle urne vanno infatti sindaci e consiglieri comunali. In ogni caso a questo punto il risultato referendario rappresenta un perno sul quale dovranno essere costruiti nuovi assetti. Per quanto concerne la legislatura, a questo punto potrebbe scattare l'effetto "conservazione". Nel senso che la prossima volta ci saranno 345 eletti in meno. E quindi c'è l'obiettivo interesse di rimanere in carica il più a lungo possibile. Fra l'altro alla fine di luglio del 2021 comincia il semestre bianco, il periodo di tempo durante il quale il presidente della Repubblica Italiana, negli ultimi sei mesi del proprio mandato, non può sciogliere le Camere. Sergio Mattarella è stato eletto il 31 gennaio del 2015. A quel punto il voto anticipato diventerebbe tecnicamente impossibile. Si tratta quindi di "resistere" dieci mesi. Si può fare. E infatti... si farà.
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