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I costumi plasmano tutto, anche la politica, e spesso non sono davvero nostri

I costumi plasmano tutto, anche la politica, e spesso non sono davvero nostri

Il terzo occhio

I costumi plasmano tutto, anche la politica, e spesso non sono davvero nostri

Antonio Gramsci incitava sempre a costruire un'egemonia culturale per incidere sui modelli politici. Molto spesso però, l'egemonia culturale si lega ad aspetti differenti, di stampo culturale nel senso meno politico del termine e sostanzialmente di costume, i quali in seguito riescono a plasmare anche la politica. Senza dubbio a volte a sconvolgimenti politici seguono sconvolgimenti culturali, altre volte i due piani dialogano abbastanza simultaneamente, ma non dobbiamo sottovalutare come spesso il fermento culturale sia propedeutico a progressi politici. Anche l'Italia negli ultimi cinquant'anni ha conosciuto un grande sviluppo, sia economico che di costume. Per entrambe le sfere la politica si è resa un elemento catalizzatore.

Sul versante dei costumi, l'Italia ha assorbito forme che non fanno assolutamente parte della propria tradizione e non hanno nulla a che vedere con la struttura più classica della società dello stivale. L'esempio più evidente riguarda le modalità di vita domestica. Tutti sappiamo che fino più o meno agli anni ‘60, in Italia si usava vivere a stretto contatto tra genitori e figli, anche quando i figli - una volta sposatisi - formavano una famiglia propria con la loro moglie e la prole. Si possono infatti ancora vedere le case di una volta, costruite a due-tre piani, già progettate appunto per contenere tutti quanti, e nel caso anche bisnonni o zii. Al giorno d'oggi invece, i nuclei si restringono considerevolmente, i gruppi parentali sono più lontani tra loro, e i figli - se economicamente in grado di farlo - tendono sempre più a voler vivere da soli lontano dalla casa dei genitori, perché sentono viscerale il bisogno di indipendenza e separazione. E' pur vero che l'assetto domestico di alcuni decenni fa era congeniale a tenere vicini nuclei che nella maggior parte dei casi collaboravano nella stessa attività, principalmente quella agraria, d'allevamento e di piccolo commercio, ed è naturale che con la modernizzazione della nostra società si siano poi fatte scelte diverse. Tuttavia il mutamento è netto, forse istintivo e di sicuro non totalmente necessario.

Che sia giusto o sbagliato, l'importante è rendersi conto che comportamenti del genere potrebbero essere reputati distanti dall'italianità.

Quello di oggi è il modello sociale anglosassone e statunitense, due paesi dove, guarda caso, l'assetto individualistico della società si riflette anche nelle forme politiche. E' proprio l'Inghilterra, infatti, uno dei centri nel quale il pensiero liberale si sviluppa maggiormente - pensiamo ad esempio alle filosofie di John Locke e Thomas Hobbes in epoca illuminista - ed è ancora lì che si manifesta per prima la sterzata liberista caratterizzante gli anni '80.

In sostanza, noi stiamo imitando modelli culturali esteri, e secondo molti ne stiamo venendo influenzati anche politicamente. Non vogliamo qui affermare che il mutamento sociale non sarebbe avvenuto comunque, magari più lentamente, vogliamo solo dire che forse noi italiani non abbiamo davvero nel Dna una propensione a legami molto più allentati. Se così non fosse, di certo non verremmo identificati all'estero come il popolo del mangiare sempre assieme, della convivialità e del calore. E' giusto acquisire autonomia di giudizio e interrogarsi su quanto siamo in realtà influenzati da sentimenti esterofili. Chiediamoci per quale motivo si dovrebbe bramare di vivere da soli e cercare di farlo a tutti costi, anche se non si hanno figli a cui dover dare un tetto o una compagna con cui voler stare.

Chiediamoci se è davvero gratificante isolarsi, chiudersi in un appartamento da soli a fine giornata, senza nessuno con cui fare due chiacchiere e confrontarsi, senza mai avere una parola di conforto. E' sul serio un traguardo abbracciare il modello della società degli atomi, dove tutti sono un universo chiuso in sé stesso che non comunica con gli altri? Sono domande che dobbiamo porci, perché riflettere sulla società in cui si vive è importante e ci permette di guardarla col giusto occhio, capendo fin dove siamo consapevoli delle nostre azioni e dove invece stiamo replicando acriticamente quelle facenti capo a una cultura non realmente propria.

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