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Il commento

Primo maggio 2020: una data che dovremo dimenticare e che andava "sospesa"

Siamo pronti a rinunciare alla visita ai familiari, agli svaghi e ai piaceri superflui, ma ci sia consentito di tornare a lavorare, a riaprire le botteghe e gli esercizi

Avremmo preferito che per quest'anno, in segno di solidarietà con tutte le imprese ancora costrette alla chiusura, la Festa dei Lavoratori venisse sospesa, come in tempo di guerra. Siamo certi che anche tutti i lavoratori che hanno dato la vita per difendere i loro diritti, e anche quelli che hanno lottato e lottano per la stessa causa, sarebbero stati d'accordo. Perché non c'è davvero granché da festeggiare in un momento difficile come questo.

Eppure, malgrado tutto, ci sarebbe piaciuto che la data del Primo Maggio venisse presa in prestito dal nostro Paese per farne il simbolo della ripartenza. Ora che abbiamo capito che dovremo convivere ancora a lungo con questa emergenza, dopo due mesi di trincea per una battaglia di resistenza e di rimessa, ci saremmo aspettati dal governo, dalle regioni e dai sindaci una dichiarazione di guerra al Covid 19, e un appello alle armi rivolto a tutti i cittadini per riportare il Paese dove lo avevamo lasciato all'inizio di marzo.

Invece niente. Ci sentivamo e ci sentiamo pronti a tenerci a un metro gli uni dagli altri per strada, negli autobus e in treno, in metropolitana, nei parchi e in spiaggia, davanti ai bar e ai negozi, dovunque, se questo è il sistema per proteggere noi stessi e gli altri, ma il segnale doveva essere quello della ripartenza delle aziende, delle fabbriche, degli uffici e dei commerci, delle scuole, degli esercizi pubblici, perché l'Italia ha bisogno di tornare a correre, di tornare a produrre, di buttarsi all'inseguimento del tempo impiegato per metterci al riparo.

Nessuna intenzione di propagandare il primato dell'economia sulla salute pubblica, nessuna voglia di affrontare una vita spericolata in spregio alla prudenza che dovrà guidare a lungo i nostri comportamenti e le nostre abitudini quotidiane, no. Siamo pronti a rinunciare alla visita ai familiari che non vediamo da settimane, siamo pronti a rinunciare agli svaghi e ai piaceri superflui, ma ci sia consentito di tornare a lavorare, a riaprire le botteghe e gli esercizi, a rimetterci in prova per ripartire un passo per volta, tutti insieme, tutti nella stessa direzione, con lo stesso obiettivo. Rinascere. Così, sarebbe stato un Primo Maggio da ricordare e non da cancellare.

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