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1977-2022

Pinocchio e la metafora sempreverde della società moderna

Quarantacinque anni fa usciva “Burattino senza fili”, Il concept album di Edoardo Bennato è ancora attualissimo e ha venduto oltre un milione di copie

Il 1977 fu un anno nel quale vennero pubblicati numerosi dischi di grande qualità. Italiani e stranieri. Basterebbe infatti pensare alle innovative sonorità elettroniche di "Trans Europe Express" del gruppo tedesco dei Kraftwerk, al coinvolgente rock di "Heroes" di David Bowie, a "Slowhand" di Eric Clapton, alla leggendaria colonna sonora del film "La febbre del sabato sera", alle raffinate atmosfere di "Aja" degli Steely Dan, solo per citarne alcuni.

E, tra quelli di artisti italiani, a progetti discografici estremamente importanti, come "Io tu, noi tutti" di Lucio Battisti, "Come è profondo il mare" di Lucio Dalla, "Zerofobia" di Renato Zero e "Solo" di Claudio Baglioni. Tuttavia non tutti sanno che il 33 giri più venduto di quell'anno (più di un milione di copie...) fu, nel nostro Paese, lo splendido "Burattino senza fili" di Edoardo Bennato. Quel progetto discografico del cantautore napoletano va a mio avviso annoverato tra i capolavori della musica leggera italiana di ogni tempo. E ciò per una serie di ragioni.

In primo luogo per l'idea che ne fu l'evidente base creativa. Esso infatti altro non è se non un originalissimo "concept album" che racconta, attraverso versi e note che ancora oggi sono parte integrante della nostra cultura popolare, la famosa favola di Pinocchio. Favola che viene argutamente "letta" ed interpretata con invidiabile lucidità dal cantautore partenopeo; e ciò con l'evidente intento di provare a descrivere le spietatezza della contemporaneità che lui viveva. La libera e coraggiosa trasposizione della fiaba di Collodi, contenuta in "Burattino senza fili", costituisce a ben vedere una vera e propria metafora della società moderna, ponendosi come una delle più belle fotografie sonore della musica nostrana del secondo Novecento.

Essa infatti affronta in maniera diretta ed efficace tematiche estremamente complesse e spinose, mescolando in maniera mirabile, spesso attraverso una affilata ironia, la naturale levità della geniale narrazione fiabesca dello scrittore toscano e le ispide problematiche culturali, sociali, politiche ed economiche, che caratterizzavano uno dei periodi storici più difficili della storia recente del nostro Paese. L' attualità di quell'album è ancora oggi evidente. Quei testi così taglienti, conditi da melodie che a distanza di quasi mezzo secolo non sembrano affatto invecchiate, se letti con occhi moderni si pongono quasi come dei memorabili moniti "ante litteram" (come forse solo l'irriverente ed indimenticato Rino Gaetano sapeva fare...) di un'avvilente povertà culturale e morale che – già all'epoca – purtroppo si intravedeva all'orizzonte.

La lucida visione del mondo di allora da parte di Bennato attualizza in maniera estremamente convincente quella di Collodi, regalandoci folgoranti immagini di presuntuosi dotti, medici e sapienti, di cialtroni senza valore, di interessati burattinai, di viscidi personaggi che circondano e minacciano l'uomo comune, che è poi splendidamente identificato, dallo stesso cantautore, in una delle copertine più belle e simboliche della storia della musica leggera italiana. Quello sguardo diretto, che fissa l'obiettivo della macchina fotografica con un'espressione che sembra oscillare tra la tristezza, la rabbia e la rassegnazione, è forse la sintesi più vivida e significante del progetto musicale del cantautore napoletano e del messaggio intimo di quell'album.

L'artista così descrisse e spiegò le fondamenta di quel suo personale manifesto musicale: «Il mio scopo non era quello di raccontare la favola con il rock and roll, al contrario sentivo il bisogno di rivoluzionare la prospettiva di questa storia, e di capovolgerne la morale. Il burattino senza fili, istintivo e libertario, dopo un implacabile processo di umanizzazione, diventa a tutti gli effetti normale, e finisce prigioniero di un mondo che in precedenza l'aveva rifiutato ed umiliato». Ed in effetti le attualissime tematiche del conformismo, della forzata omologazione delle masse al pensiero comune, della spersonalizzazione dell'individuo con tutte le sue specifiche, preziose peculiarità, sono evidenti in tutte le tracce del disco, offrendoci uno spaccato impietoso e vibrante di molte delle umane miserie.

"Burattino senza fili" fu, all'epoca, un disco a suo modo rivoluzionario. Che, ascoltato oggi, appare addirittura "visionario", talmente forti sono i messaggi che "invia" all'ascoltatore, e tremendamente azzeccate le previsioni che fa. «Chi rinnega la propria natura – ebbe infatti argutamente una volta a dire Bennato – e chi cede all'omologazione, si espone inesorabilmente al rischio di essere manovrato dall'alto. Il mio Pinocchio si accorge di essere un burattino proprio nel momento in cui diventa un bambino in carne ed ossa». Parole, queste, oltre a quelle che compongono i testi delle canzoni, che oggi appaiono addirittura inquietanti per la loro lucidità. L'album, composto da otto brani, spazia in maniera assai intelligente tra generi e stili, regalando all'ascoltatore titoli che sono entrati a far parte del repertorio più "classico" della musica leggera italiana (citiamo, tra gli altri, soprattutto "Il gatto e la volpe", "È stata tua la colpa", "La fata" e "Quando sarai grande").

E forse è proprio quest'ultimo, che è poi quello che chiude il disco, il brano che costituisce il suo vertice artisticamente più alto. Condito infatti da un testo estremamente affilato, che racchiude una pessimistica visione filosofica del futuro, esso si pone come un manifesto della globale visione artistica del cantautore campano. Da sempre disponibile ad offrire al pubblico la sua profetica idea del mondo. Spesso – ahimè – prendendoci in pieno... ("Devi stare zitto, solo ascoltare. Devi leggere più libri che puoi, devi studiare. È tutto scritto, catalogato. Ogni segreto, ogni peccato... Quando sarai grande, saprai perché...").

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