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Il personaggio

Enrico Mattei: l'uomo che sfidò i giganti del petrolio

L'ENI, le strategie e il futuro che aveva immaginato. Il 27 ottobre del 1962 l'incidente aereo in cui perse la vita. Uno dei personaggi italiani più influenti del secondo Novecento

La drammatica contemporaneità degli ultimi mesi, profondamente condizionata dal conflitto tra la Russia e l'Ucraina, ha riproposto all'attenzione comune l'importanza della questione energetica a livello mondiale. Che, come è agevole intuire, è sempre influenzata da complesse ed articolate motivazioni di ordine politico ed economico. Il delicato sistema di rapporti che esiste tra gli stati che hanno la fortuna di avere nelle profondità dei loro territori preziose risorse energetiche, e quelli che, invece, tale fortuna non hanno, ha spesso inciso sulle strategie diplomatiche dei rispettivi Paesi, e non di rado ha costretto a dare impulso a politiche di dubbia limpidezza, che in alcuni casi hanno favorito regimi autoritari e dittature, sovente hanno alimentato lo sfruttamento delle popolazioni dei Paesi più "poveri" e quasi sempre hanno determinato gravi problemi di carattere ambientale.

Tra coloro i quali, nel secolo scorso, avevano intuito prima degli altri l'importanza della "questione energetica" (intesa soprattutto come strumento di sviluppo e ricchezza) e dei connessi rapporti tra gli stati, va senza alcun dubbio annoverato Enrico Mattei, il quale è da considerare come uno dei personaggi italiani più influenti, importanti e determinanti del secondo Novecento. A dimostrare l'enorme rilievo che il geniale dirigente di origini marchigiane aveva sull'intero sistema energetico mondiale, è proprio la sua stessa morte. Avvenuta a causa di un incidente aereo, nel cielo di Bascapè (in provincia di Pavia), in circostanze mai del tutto chiarite, il 27 ottobre del 1962, e quindi esattamente sessant'anni fa.

All'epoca Mattei era il presidente dell'ENI (l'Ente Nazionale Idrocarburi, che lui aveva sostanzialmente fondato, e che aveva il compito di "promuovere e intraprendere iniziative di interesse nazionale nei settori degli idrocarburi e del gas naturale"). Dopo aver intuito la straordinaria importanza strategica del petrolio e del gas, osò sfidare le famigerate "sette sorelle" (e cioè le compagnie petrolifere, prevalentemente americane, che già allora condizionavano l'intero sistema economico mondiale), per di più intessendo rapporti "pericolosi" con soggetti non sempre graditi all'establishment occidentale. Sull'argomento è stato da poco pubblicato, dalla Agorà, un interessante pamphlet, intitolato "Enrico Mattei – Il Visionario", a firma di Aldo Ferrara (183 pagine).

Per comprendere l'importanza del personaggio Mattei basterebbe soffermarsi sulle parole di Leonardo Agueci, il quale così scrive nella breve prefazione del volume: «Non ci si può sottrarre alla tentazione di immaginare come sarebbero potute andare le cose in Italia, e non solo, se la sua morte improvvisa e violenta non avesse drasticamente stroncato i suoi progetti da visionario sul futuro del nostro Paese e del mondo intero... se fosse arrivata a compimento solo una parte dei disegni e delle ambizioni di Mattei, tanti eventi, in gran parte nefasti, che hanno caratterizzato la storia dell'ultima parte del secolo scorso e della prima parte di questo, avrebbero probabilmente conosciuto uno svolgimento diverso. Viene da domandarsi prima di tutto se, con la permanenza sulla scena mondiale di Mattei, si sarebbero ugualmente verificate le varie crisi internazionali collegate al controllo delle fonti energetiche, a partire dalla crisi del petrolio del 1973, alla Guerra del Golfo dei primi anni 90, fino ad arrivare al drammatico conflitto russo-ucraino di questi giorni, cui le scelte di politica energetica non sono certamente estranee». Ferrara descrive in questo modo la figura e l'ingegno di una delle più grandi menti italiane degli ultimi decenni: «Uomini come Mattei, Olivetti e Jobs hanno anticipato i tempi, sfidato il comune sentire, sono a buon diritto visionari nell'accezione più lessicale più pura. Lo sono stati perché hanno intravisto il futuro. Mattei ha creduto nella ricerca del petrolio, perché aveva osservato che il mondo del XX secolo, dopo la guerra, correva verso uno sviluppo industriale inarrestabile. E lui ci ha creduto. Ha identificato lo sviluppo industriale con lo sviluppo del Paese... Oggi correrebbe verso le rinnovabili, anzi le avrebbe già sviluppate. Olivetti ha inventato il primo computer portatile, Jobs ci ha traghettati al XXI secolo, fatto di connessioni mediatiche. Hanno precorso i tempi, e dunque visionari. Quel pizzico di follia benedetta, che è il sapore della ricerca, tecnologica e scientifica, arricchisce l'aggettivazione visionaria di unicità assoluta... Mattei non cercò il denaro e neanche il potere, mentre fu animato dalla spasmodica voglia di poter fare qualcosa per il suo Paese». Tanto è vero che, in uno dei suoi scritti, così si può leggere: «Ho lottato anche io contro l'idea fissa che l'Italia fosse condannata ad essere povera per mancanza di materie prime e di fonti energetiche. Queste fonti energetiche le ho individuate, le ho messe in valore e ne ho tratto delle materie prime».

Ferrara evidenza che «Mattei si rese conto di quanto il petrolio fosse non solo elemento merceologico annoverato tra le principali materie prime, ma merce di scambio geopolitico. E la sua lotta per inserire l'ENI tra le grandi compagnie aveva questo preciso significato: assicurare al Paese quelle materie prime e primarie per lo sviluppo industriale in primis e della società che lui aveva identificato come soggetta a grande mobilità veicolare». Per raggiungere l'obiettivo bisognava creare dei proficui rapporti con i giusti referenti esteri. Ed infatti «fu il principale protagonista, se non addirittura l'ideatore, del cosiddetto multilateralismo italiano» che si concretizzò – anche e soprattutto – con «la felice intuizione di instaurare una politica amica nei confronti del mondo arabico». Egli capì infatti, prima di tutti, che bisognava da un lato «intraprendere, con i Paesi produttori, joint-venture nell'estrazione e sfruttamento delle risorse petrolifere, e dall'altro considerare questi Paesi quali possibili fruitori della tecnologia occidentale, cooptandoli nel mercato del consumo occidentale». La creazione di innovative tipologie di rapporti con il mondo arabo fu, a ben vedere, non solo lo strumento migliore per provare a smantellare l'odioso meccanismo di sudditanza economica e politica creato dal colonialismo europeo ed occidentale. Ma, probabilmente, anche la ragione che lo condusse alla morte... A tal proposito Mattei riteneva infatti che «le ricchezze dell'Africa e dell'Asia sono immense. La geografia della fame è solo una leggenda: è legata solo alla passività, all'inerzia creata dal colonialismo nelle popolazioni autoctone».

Ferrara ritiene inoltre che «in un momento in cui la politica putiniana usa il mercato del petrolio per condizionare gli assetti geopolitici, l'OPEC, considerato negli anni settanta dello scorso secolo come avversario dell'occidente, oggi si sta rivelando calmieratore del mercato stesso. Oggi Enrico Mattei sarebbe il più efficace antagonista di Putin, e il più affidabile "Oil Man" capace di rinvigorire e utilizzare anche l'OPEC per contrastarne l'azione egemonizzante». E così sintetizza il suo giudizio verso il geniale imprenditore marchigiano: «Lo ricorderemo alle generazioni future non solo per quello che ci ha dato, ma anche per quello che gli è stato impedito di darci».

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