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Colpi di Testa

5 maggio 1821, il giorno in cui la storia cambiò: 200 anni fa moriva Napoleone

In vista dell'anniversario della scomparsa del grande generale corso, lo storico Vittorio Criscuolo ha pubblicato un saggio intitolato “Ei fu – La morte di Napoleone”

Molti di noi conservano, nei reconditi spazi della memoria, i versi di qualche poesia. Quasi sicuramente si tratta di una di quelle imparate a menadito durante gli anni della scuola; e tra di esse, con molta probabilità, c'è anche "Il cinque maggio", l'appassionata ode scritta nel 1821 da Alessandro Manzoni per celebrare la figura di uno dei più famosi personaggi storici di ogni tempo: Napoleone Bonaparte. In vista del duecentesimo anniversario della scomparsa del grande generale corso, lo storico Vittorio Criscuolo ha appena pubblicato, per la casa editrice "Il Mulino", un saggio intitolato "Ei fu – La morte di Napoleone" (232 pagine), che descrive nel dettaglio gli anni dell'esilio forzato a Sant'Elena (il roccioso isolotto dove gli inglesi decisero di confinarlo dopo la battaglia di Waterloo, e che è ubicato in pieno Oceano Atlantico), i suoi ultimi giorni di vita, e gli effetti che la sua dipartita ebbe, soprattutto a livello politico, in Europa.

I britannici avevano deciso di spedire Napoleone ai confini del mondo perché non volevano correre rischi.
Temevano infatti che una sua "presenza fisica"nel Vecchio Continente avrebbe potuto agitare le folle, o consentirgli in qualche modo di tornare al potere.
Bonaparte sbarcò a Sant'Elena, dopo due mesi di navigazione, il 17 ottobre del 1815; venne sistemato dapprima in un'abitazione di emergenza, e poi, in maniera definitiva, assieme al suo numeroso seguito (26 persone), in un edificio di circa 150 metri quadrati, «isolato e circondato da un muro a secco». La casa «poteva essere sorvegliata attraverso due corpi di guardia e un contingente di soldati…era molto lontana dal mare, sovrastata da un lato da una catena montuosa…circondata da dirupi e burroni, fra i quali un orrido precipizio…Gli inglesi installarono alcuni semafori attraverso i quali era possibile, in caso di bel tempo, con un sistema di segnali ottici codificati, comunicare le novità alla residenza del governatore e ad altre zone dell'isola».

La sorveglianza dell'illustre prigioniero era comunque assicurata anche da due navi che «incrociavano in permanenza lungo le coste dell'isola, controllando i pescherecci e ogni imbarcazione sospetta». A Napoleone, tuttavia, vennero concesse delle piccole "libertà": poteva infatti "muoversi, durante il giorno, in uno spazio di quattro miglia (in pratica quasi tutto l'altopiano), tuttavia, «durante la notte, la sua residenza era sorvegliata da sentinelle». Il grande condottiero francese patì parecchio tali limitazioni, sia perché a Sant'Elena c'era veramente ben poco da fare, e sia perché agli abitanti dell'isola era stato fatto divieto di parlare con lui e con i membri del suo seguito. Per sconfiggere la noia iniziò pertanto a praticare il giardinaggio; faceva lunghe passeggiate a cavallo, o trascorreva il tempo a scrutare l'orizzonte con il suo cannocchiale. Leggeva molto, ed infatti la sua libreria conteneva più di 3.500 volumi! Forse per cercare di rivivere in qualche modo le sue eroiche gesta, Napoleone decise di dettare le sue memorie. A raccogliere i suoi pensieri furono soprattutto Emmanuel de Las Cases ed Henry Gatien Bertrand; quest'ultimo cominciò a tenere una sorta di diario nel quale venivano riportate le conversazioni e le confidenze dell'ex condottiero.

Tale diario racconta «la progressiva perdita di lucidità dell'imperatore, e ci informa dei suoi momenti di delirio e delle sue fantasie più scabrose…riporta anche con fredda puntualità le imbarazzanti rivelazioni di Napoleone su particolari intimi dei suoi rapporti sessuali»; esso costituisce ancora oggi un preziosissimo documento storico che descrive nel dettaglio gli ultimi anni di vita del grande generale, e mostra «l'uomo con le sue debolezze, con le sue piccole meschinità e con gli aspetti meno gradevoli del suo carattere». I costi di soggiorno di Napoleone a Sant'Elena, e quelli necessari alla sua sorveglianza (che gli inglesi si sobbarcavano…) erano elevatissimi (circa due milioni e 200.000 franchi annui). Il prigioniero, invece, doveva provvedere alle spese personali, agli stipendi degli ufficiali che erano ancora al suo servizio, ed alle paghe dei domestici (per circa 150.000 franchi). La salute di Napoleone cominciò a peggiorare nel 1817. Scrive Criscuolo: «Era appesantito e ingrassato, soffriva di disuria, presentava a volte un gonfiore alle gambe e alle caviglie».

Prima gli venne diagnosticata un'epatite. Poi sopraggiunse un problema allo stomaco. «Il 4 ottobre 1820 Napoleone fece l'ultima uscita a cavallo di un'intera giornata, ma dovette rientrare in calesse, pallido in volto e afflitto da una stanchezza mortale.
Comparve allora anche un dolore acuto nella zona epigastrica, paragonabile a quello di un coltello che viene rigirato nella carne…il 7 marzo fece l'ultima passeggiata in calesse, ma negli ultimi giorni del mese iniziò, con una forte febbre, la fase terminale...il 4 maggio cominciò l'agonia». Alle ore 17.49 del 5 maggio Napoleone Bonaparte esalò l'ultimo respiro. A quanto pare le sue ultime parole comprensibili furono: «Alla testa dell'armata». L'autopsia attribuì la morte ad un'ulcera cancerosa.

La sua salma fu portata in Francia alla fine del 1840.
Ed il 15 dicembre venne celebrato, a Parigi, un solenne funerale. Le sue spoglie riposano in una cripta della chiesa di Saint Louis des Invalides. Scrive Criscuolo: «Se si fossero lasciati i resti di Napoleone nell'isola dove il destino li aveva portati, si sarebbe evitato, o quanto meno ridimensionato, il profluvio di retorica sulla gloria, sull'eroe, e sulle sue virtù militari…la solitudine di quella terra perduta fra le acque esprimeva bene il drammatico contrasto fra la gloria dei trionfi e il dolore degli ultimi anni, e corrispondeva così in modo quanto mai efficace alla sensibilità di un'opinione pubblica che, al di là dei diversi orientamenti politici, proprio da quella improvvisa caduta, era stata profondamente colpita…vi era insomma qualcosa di grandioso e di arcano in quello scoglio battuto dai flutti e spazzato dai venti africani, che rappresentava la solitudine dell'eroe e insieme l'acquisizione della pace che la morte gli aveva restituito dopo la sua vita agitata… Sant'Elena restava la vera depositaria della memoria per chiunque volesse riflettere, lontano dai clamori della civiltà, sul significato di quella straordinaria esistenza».

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