Spazio satira
Cassino
29.06.2024 - 15:44
Girava tra le aule dell’università e del tribunale come un gigante “invisibile”, una mente inarrivabile e visionaria con una personalità discreta e sinceramente umile. Sembrava stare più comodo all’ultimo banco, laddove si può ascoltare e imparare da chiunque sia davanti. In realtà lo riconoscevano tutti come un “maestro”, un brillante docente universitario e un avvocato superlativo. Alla Folcara insegnava il diritto ma riusciva sempre a dare anche lezioni di vita. Amava formare i suoi ragazzi nella stessa aula, la sua preferita, la 1.06. E scriveva, sì, Gianrico Ranaldi aveva anche la passione per le pubblicazioni accademiche, rimaste ora un tesoro inestimabile. «Non so scindere il professore, dall’avvocato, dal politico, per me era Gianrico. Vi chiedo solo di non dimenticarlo», ha detto ieri il professor Pierpaolo Dell’Anno, ordinario di diritto processuale penale a Tor Vergata. Era tra gli ospiti della giornata in ricordo organizzata dal dipartimento di Economia e Giurisprudenza. Un ricordo affettuoso il suo, pronunciato da chi ha lavorato con lui fianco a fianco.
Dalla «difficile candidatura» che affrontò con energia e coraggio alle sue intuizioni geniali, «tali da aver cambiato la storia della città», ha parlato il sindaco Enzo Salera ricostruendo alcuni momenti salienti del suo rapporto personale con Gianrico. «Era un coacervo di esempi positivi e noi abbiamo l’obbligo di continuare a trasmetterli. Vedeva la politica come un impegno civile alla cui base c’era il rispetto delle regole, delle persone più deboli, del buon amministrare».
Il suo legame con l’abbazia inizia grazie al padre, di casa a Montecassino. Il figlio ne segue le orme e nasce la profonda amicizia con dom Luigi Maria Di Bussolo. «Era impegnato su tantissimi fronti ma non amava vantarsi di ciò che era. E in tutto quello che faceva metteva se stesso. L’abbazia la sentiva un po’ la sua: amava chiamarsi cassinese. Tecnicamente i cassinesi sono i monaci e i cassinati sono i cittadini. Lui diceva che dovevamo sentirci tutti cassinesi». A volte si presentava con libri appena letti alla portata soltanto sua «che nessuno conosceva se non chi era parte di un ambiente come il mio. Aveva la passione e la curiosità che sono l’anima della conoscenza. Lui andava oltre. Aveva un orizzonte altro, una visione allargata. Il tutto con umiltà. Ha avuto dei doni speciali».
La conoscenza di Gianrico nelle aule del tribunale parte dal 2000 quando «era da poco abilitato alla professione e già ammesso al dottorato di ricerca»: inizia da qui il racconto di un lungo decennio di frequentazione - pur occupando scranni opposti - da parte della dottoressa Anna Maria De Santis - ora in servizio presso la sezione penale della Corte di Cassazione.
«Sono grata perché le sue sollecitazioni giuridiche, mi hanno portato sempre ad approfondimenti. Entrava nell’aula ed era sempre concentrato, ricordo l’accuratezza delle sue eccezioni processuali, era evidente che gli avesse dedicato tanto studio e accurata ricerca. Ricordo anche la capacità visionaria sugli esiti del processo come l’asciuttezza delle arringhe. Non era un momento di retorica giudiziaria che dà lustro all’avvocato, il suo era un tirare le fila di un discorso che si era vissuto in aula. Ha saputo fare da traino a un’intera generazione».
Emanuele Migliorelli, rappresentante degli studenti, è stato invece l’ultimo alunno a cui ha fatto l’esame, appena tre settimane prima dalla sua dolorosa dipartita. Emanuele sentiva un gran peso quella mattina, «avevo paura di deluderlo», e poi Gianrico non era così prodigo di voti. Eppure l’esame andò benissimo - 30 e lode - nonostante non si svolse nella sua aula preferita perché il prof riuscì ad arrivare solo a quella a piano terra. «Ha voluto mantenere l’impegno fino a quando anche un briciolo di forza glielo ha permesso. Ricordo che con gli occhi voleva dirci di inseguire i nostri sogni e di lottare fino a raggiungerli».
La commozione ha lambito tutti i volti ieri mattina nell’aula Magna della Folcara. «È sempre la stessa persona da qualsiasi lato viene ricordato», ha detto Enrica Iannucci, direttore del dipartimento che ha organizzato l’evento con la precisa volontà di ricordare la sua figura per “celebrarlo” a pochi giorni dal suo compleanno, non solo a un anno dalla morte. Per lasciar “vivere” l’esempio, per continuare a farlo camminare nelle aule universitarie come in quelle del tribunale ma anche nelle coscienze individuali. A concludere la giornata la consegna della borsa di studio istituita in sua memoria per la miglior tesi di laurea a Michelle Tortolano, poi l’intitolazione a Gianrico Ranaldi della “sua” aula. «Più che trasmettere un sapere, nelle aule si formano le persone», ha detto il rettore Marco Dell’Isola in chiusura. Ancora commozione. Silenzio, applausi e commozione.
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