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L’intervista

La psicoanalisi e la musica. Faccia a faccia con Alessandro Mura

Due mondi apparentemente distanti che s’incontrano. «I problemi psicologici del nostro tempo? C’è un disagio diffuso»

La psicoanalisi e la musica. Faccia a faccia con Alessandro Mura

Alessandro Mura, psicoanalista e musicista, ha studiato al conservatorio “Licinio Refice” di Frosinone

Suona le corde del basso così come tocca le corde della psiche umana: Alessandro Mura, psicanalista e musicista frusinate, per una volta si accomoda sul lettino dell’intervistato…

Quando ha cominciato a interessarsi della psicoanalisi?
«Dopo la scelta universitaria iniziale di filosofia, passo a psicologia e decido di cominciare la mia analisi personale. Seguiranno, dopo la laurea, gli approfondimenti scientifici in micropsicanalisi (una forma intensiva dell’applicazione, ndr) e in psicoanalisi della relazione, tutto nella traccia della speculazione freudiana».

Quando invece ha incontrato la musica?
«Durante le colonie estive imparo a suonare l’armonica a bocca, a dodici anni. Due anni dopo inizia la passione per la chitarra, infatti ne ricevo una in regalo il 16 agosto 1977, il giorno in cui muore Elvis Presley. Studio chitarra classica in
una scuola di musica popolare. Nel frattempo nasce un trio rock jazz in cui suono il basso elettrico. L’estate successiva vengo ammesso al conservatorio “Licinio Refice” di Frosinone nella classe di contrabbasso».

Quali sono i lati positivi della sua professione di psicoanalista?
«Probabilmente una delle cose più interessanti del mestiere deriva dal contatto con sentimenti ed emozioni a un livello molto profondo. Credo, almeno per me, che quella dell’analista sia una posizione privilegiata, in cui le censure iniziali lasciano il posto a qualcosa di più autentico».

Che cosa è la musica?
«È sempre stata un mistero da scoprire, con la curiosità mista tra quella del bambino e quella dello scienziato».

Quali sono i problemi psicologici del nostro tempo?
«Frequentemente affronto fenomeni di ansia, depressione, solitudine, stress e paura. Genericamente noto un diffuso disagio psichico, che colpisce un po’ tutta la società contemporanea».

Qual è il tipo di musica che preferisce suonare?
«Beh, dipende. Intanto a me piace suonare sia gli strumenti acustici sia quelli elettrici e poi credo di aver passato molti generi diversi, dal punk al liscio, attraversando la musica da camera e il jazz, mai smettendo di amare il rock. Sinceramente me ne frego del genere, quelle disquisizioni appartengono ai critici musicali».

Esiste qualche punto di contatto tra le due sue attività?
«Sì, quantomeno per i temi affrontati. Ricordo che circa trentacinque anni fa, con un gruppo rock, scrivemmo una dozzina di canzoni originali che trattavano temi profondi e ancora attuali, come il rischio di una guerra atomica, il suicidio, la solitudine, l’alienazione, l’amore».

Quali sono le cause di così tanta violenza nel mondo?
«Difficile rispondere a una domanda del genere. I miei maestri, Fanti e Peluffo, già negli anni 50-60 parlavano di una “sindrome paranoide universale” e visti gli sviluppi degli ultimi cinquant’anni, la situazione non mi sembra sia migliorata. Se dal punto di vista sociale c’è un’aggressività che sembra ineliminabile, dal punto di vista del singolo bisogna riferirsi alle precocissime esperienze di conflitto, già registrabili durante la gravidanza. Oggi sono temi molto attuali, ma negli anni 70 venivano considerati eresie».

Digitalizzazione della musica da ascoltare: un problema o un’opportunità?
«Se, grazie alla digitalizzazione dei dischi, si è verificata una diminuzione delle vendite, da un altro lato si assiste al proliferare di prodotti musicali fatti in casa. Semmai un nuovo problema è che tutti vorrebbero fare musica a basso costo, ma pochi riescono davvero a guadagnarsi da vivere dignitosamente».

Quali sono i benefici che la musica apporta sull’animo umano?
«“Una cosa buona della musica è che quando ti colpisce non senti nessun dolore” (B. Marley, 1971). La musica ci accompagna nella vita, ci aiuta a sopportare lo scorrere del tempo, credo sia questo il suo maggiore apporto».

Ha un sogno tutto suo con riguardo alla musica?
«Trattandosi di un desiderio “folle” posso dirlo senza remore: un domani poter suonare in orbita, in assenza di gravità».

…e con riguardo alla psicoanalisi?
«Sarebbe affascinante se si riuscisse in futuro a videoregistrare i sogni mentre dormiamo…».

Ancora una domanda: qual è il fine ultimo della vita?
«Ecco, il quesito mi sembra decisamente impegnativo, ma ci riguarda un po’ tutti da vicino. Dal mio punto di vista, il fine ultimo della vita andrebbe cercato nella capacità di porsi delle domande, invece di trovare soltanto risposte. È una prospettiva che si pone creativamente verso il futuro».
“Tutti gli strumenti sono facili da suonare. Tutto sta nel pigiare il tasto giusto
al momento giusto e lo strumento suonerà da solo” (Johann Sebastian Bach).
Sarà uno strumento anche la psiche umana …?

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