«Lo sviluppo della nostra provincia e del basso Lazio passa attraverso le infrastrutture. E, al centro del dibattito, dobbiamo essere in grado di mettere una stazione dell'Alta velocità che abbia come bacino d'utenza le province di Frosinone e Latina».
Massimo Ruspandini non si nasconde. E, in qualità di membro della commissione trasporti del Senato della Repubblica, pone al centro del dibattito un tema sollevato più volte, lanciando una nuova proposta.
«Senza ragionare in termini campanilistici ma nell'ottica di porre a Trenitalia una proposta interessante, sostenibile commercialmente e finanziariamente, credo che uno studio serio, parallelamente a quello intrapreso a Roccasecca, vada fatto nella prospettiva di offrire una fermata a Trenitalia a un'utenza potenziale di oltre un milione di viaggiatori. Penso, dunque, all'area attraversata dall'Alta velocità che ricade nel territorio di Patrica, a ridosso della Monti Lepini».

Un'idea che arriva mentre la legislatura è agli sgoccioli...
«Questo conta poco. Ma credo sia una strada percorribile. Non costringe i convogli a deviare, ci sono aree nelle quali realizzare le infrastrutture, sarebbe una zona a servizio di due province e la stazione dell'Alta velocità potrebbe essere il volano e lo stimolo per arrivare a un collegamento efficiente, sicuro e moderno tra la zona nord e quella sud della provincia di Latina con Frosinone».

Trenitalia ha sempre sostenuto che le condizioni per creare un'altra stazione tra Napoli e Roma non ci siano...
«Dobbiamo uscire da questo schema. Se il territorio pone al centro della propria agenda il tema della crescita sostenibile, del rilancio occupazionale e della valorizzazione delle proprie città non può non intraprendere un'azione seria per convincere Trenitalia ad analizzare progetti di questo tipo. Lo hanno fatto in tante altre zone d'Italia e dovremmo convincerli a prendere in considerazione l'idea di farlo anche qui. Altrimenti il rischio è quello di recitare sempre, e ancor di più, il ruolo di comprimari di Roma che fagocita risorse e opportunità».

Non rischia anche questo di diventare l'ennesimo sogno nel cassetto?
«Meglio rischiare un fallimento che non provarci. Ho passato una vita, in politica, a percorrere strade che sembravano impervie e forse impossibili. Questa volta, però, visto che quello delle infrastrutture è un tema che non ha colore, ma riguarda tutti, non ne farò una battaglia di parte ma invito tutti gli attori del territorio a riflettere su quanto sia strategica la portata di un progetto del genere. Chi parla di mettere in comune i servizi, di province sempre più coinvolte in un processo di area vasta, chi finalmente comincia a riconoscere l'importanza di staccare Roma da una dimensione regionale dotandola di risorse finanziarie e poteri legislativi autonomi lasciando alle altre province del Lazio la gestione dell'area regionale intorno alla capitale, non può non comprendere che si debba puntare a un processo di crescita che parta da un'infrastruttura indispensabile che colleghi il basso Lazio con il nord Italia in tempi umani e in maniera agevole».

E c'è anche il tema demografico da non dimenticare...
«Se il basso Lazio venisse collegato meglio con Roma e con l'Alta velocità potrebbe avere uno sviluppo importante in termini demografici. Se l'obiettivo della crescita si sposasse con quello di un risanamento ambientale possibile e slegato dalla pesantezza ideologica con il quale viene sempre affrontato allora potremmo diventare di nuovo attraenti per nuovi progetti e nuovi investimenti. Che senso ha, per esempio, parlare di accorpamento delle Camere di Commercio se poi, alla base di questo processo (forse anche logico), non mettiamo un'idea di sviluppo dalla quale partire».

Qualche anno fa Scalia lanciò l'idea dell'aeroporto. Ora si riparla della fermata dell'Alta velocità. Nel frattempo è naufragato l'interporto. Passano gli anni ma a livello di infrastrutture rimaniamo sempre allo stesso punto...
«A distanza di qualche anno credo che l'aeroporto si scontrò, all'epoca, anche con i forti interessi economici legati alla gestione degli scali romani. Tuttavia l'infrastruttura avrebbe senz'altro portato benefici anche dal punto di vista di tutti gli altri collegamenti che avrebbe potuto stimolare. Tra l'altro mi sembra strano che Ciampino, che sei o sette anni fa doveva essere chiuso, rimanga ancora lì con tutte le criticità legate all'inquinamento e all'impatto ambientale. A volte la sensazione che qui sembriamo figli di un dio minore serpeggia con insistenza. Non capisco, ad esempio, tornando al tema dell'Alta velocità, come Arezzo, Medio Campidano e tante altre zone d'Italia abbiano ottenuto una fermata (seppur con poche fermate giornaliere) e qui, invece, questo tema continui a rimanere un tabù».

Senatore, si tratta di un tema da affrontare... nella prossima legislatura?
«Un tema da affrontare con forza. Ma facendo squadra con i fatti e non a parole come spesso è avvenuto. Questa non è l'idea di Massimo Ruspandini, questo è un progetto con il quale mettere un punto di ripartenza per il futuro dei nostri figli e di questo meraviglioso territorio che mi onoro di rappresentare».