Quel che resta della settimana
02.11.2025 - 11:00
L'ingresso dello stabilimento Stellantis di Piedimonte San Germano
Le parole di Carlo Calenda, leader di Azione, hanno avuto l’effetto della frase “il re è nudo”, tratta dalla fiaba “I vestiti nuovi dell’imperatore” di Hans Christian Andersen. Una situazione sotto gli occhi di tutti, ma occorreva il coraggio di descriverla senza troppi fronzoli. E infatti Calenda ha detto: «Io sono venuto qui nel 2017, quando avevamo fatto Industria 4.0, e Marchionne mise la Stelvio, e noi andavamo a 135.000 macchine prodotte». Poi ha aggiunto: «Quest’anno saremo a 16.000, poco più di un decimo. E la verità è che tutte le promesse degli Elkann sui nuovi modelli non si sono avverate e dall’altro lato il Governo non sta facendo nessun provvedimento sul costo dell’energia e su tutto il resto». Ancora: «Sono andato fuori dalla fabbrica. Io ho lavorato in Ferrari, ho lavorato in Maserati, ho lavorato nel gruppo Fiat: non ho mai visto una fabbrica ridotta così. Cioè, quelle sterpaglie davanti ai cancelli, pecette al posto di nuove insegne. Cose che in Fiat non si erano mai viste». Poi ha concluso: «Tutti sono consapevoli che la situazione è drammatica. È un’emergenza nazionale e non viene trattata come emergenza nazionale. John Elkann non può restare ai vertici di Stellantis». Il tutto mentre, per quanto riguarda il sito di Piedimonte San Germano, veniva annunciato il nuovo stop produttivo per l’intera settimana tra il 3 e il 7 novembre. La prossima. Si fermeranno i reparti di montaggio, lastratura e verniciatura. Nei due della “carrozzeria” sarà in servizio soltanto il personale necessario al riavvio degli impianti. Da quanto tempo va avanti questa situazione? E certamente il rilancio di un sito produttivo non si può programmare a colpi di fermi produttivi e di cassa integrazione.
Stabilimento in caduta libera, senza rete
Peraltro ci sono i numeri e i fatti. Se la produzione delle Alfa Romeo Giulia e Stelvio e della Maserati Grecale continua a viaggiare al minimo, la conseguenza è che tutto il lavoro può essere concentrato su un solo turno. Secondo gli ultimi dati Fim-Cils, a Cassino Stellantis ha prodotto poco più di 14.000 vetture (-28,3% sul 2024) nei primi nove mesi dell’anno, con il rischio concreto che non si arrivi neppure a 20.000 a fine 2025. Nell’intervista a Ciociaria Oggi Enrico Coppotelli, segretario generale della Cisl Lazio, dice: «L’indotto è in un clima di costante e pericolosa incertezza. Come Cisl avevamo sostenuto il rifinanziamento della legge regionale 46, meglio conosciuta come legge sull’indotto Fiat. Ma una rondine non fa primavera. Ora la situazione è perfino peggiorata. La crisi dell’automotive è un’emergenza nazionale ed europea e in questo contesto la crisi dello stabilimento cassinate di Stellantis è ancora più grave». Non c’è ulteriore tempo da perdere. John Elkann dovrebbe dire una volta per tutte come stanno le cose. Quali sono i reali piani futuri di Stellantis in Italia. E quali saranno le decisioni per lo stabilimento di Cassino. Perché otto anni fa c’erano il doppio degli occupati. E la produzione era superiore di otto volte a quella attuale. I continui fermi produttivi sono un segnale assai negativo. Peraltro associato al crollo dell’occupazione e di tutto il resto. Non può essere che il Governo a effettuare il pressing sugli Elkann. Perché se Stellantis non intende più investire su Cassino, deve dirlo subito. In modo che le strategie per una riconversione vengano pianificate. Ma tutto questo non basta. È necessario, anzi urgente, un “pacchetto” sull’automotive, per evitare un disastro sociale ed economico. Una fase di transizione, comunque controllata, è fondamentale.
L’ora di dire basta agli impegni generici. E a futura memoria
Non hanno più senso gli impegni (peraltro sempre generici) a non chiudere gli stabilimenti, se poi l’unica missione produttiva è quella dei “fermi” e degli ammortizzatori sociali. Il rinvio dei nuovi modelli al 2028 è una porta chiusa in faccia ad ogni ragionamento in prospettiva. Perfino le strategie di marketing lasciano il tempo che trovano. È evidente che strategie di rilancio vero passano da investimenti che siano il frutto di una visione industriale. Parametrata sull’innovazione. Nulla di tutto questo si vede da anni per lo stabilimento cassinate. Nei decenni passati lo sviluppo industriale della provincia di Frosinone è stato trainato dall’automotive e lo stabilmento Fiat di Piedimonte San Germano era il fulcro. Da quanto tempo non è più così? Da quanto tempo l’unico orizzonte è quello degli ammortizzatori sociali? In queste condizioni non si può programmare nulla. Men che meno il futuro. Parliamo dei lavoratori, delle loro famiglie, dei figli, dei ragazzi. «Noi fabbrichiamo automobili, le fabbrichiamo in Italia e rappresentiamo Torino», diceva con orgoglio Gianni Agnelli. Certamente i tempi sono cambiati. Oggi Stellantis è una holding multinazionale con sede nei Paesi Bassi. Ma questo territorio ha diritto di sapere le reali strategie sul sito cassinate. Basta con la melina. Il re è nudo.
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