Spazio satira
L'intervista
12.05.2025 - 09:00
Francesco De Angelis, presidente regionale del Partito Democratico
Secondo i ben informati e gli addetti ai lavori una candidatura a sindaco di Frosinone di Francesco De Angelis starebbe nelle cose. Ma il diretto interessato, presidente regionale del Partito Democratico, dice che questo non è il suo obiettivo. Tradotto dal politichese vuol dire che De Angelis lavorerà come “regista” per cercare di riportare il centrosinistra alla guida del capoluogo. Anche perché la coalizione viene da tre sconfitte consecutive. Decisamente troppe. Però se poi le dinamiche dovessero prendere altre strade, è evidente che le strategie e le decisioni potrebbero mutare. Perfino nelle priorità di De Angelis. Lo abbiamo intervistato.
Ma allora è proprio vero che vuole candidarsi a sindaco di Frosinone? Le piacerebbe, sì o no?
«Tra le tante ipotesi oramai mi manca solo la presidenza della bocciofila. Meno male che hanno eletto il Papa, altrimenti mi avrebbero attribuito anche di mirare al soglio pontificio. Battute a parte, diciamoci la verità, io non ricopro incarichi istituzionali dal 2014, ovvero da quando ero parlamentare europeo. Aggiungo che quando mi sono candidato sono stato eletto, sempre con le preferenze e mai con la lista bloccata. E aggiungo pure che in questi dieci anni ho sempre sostenuto le candidature del Pd e della coalizione di centrosinistra e l’ho sempre fatto con grande passione e tanta generosità. Quindi, come vede, non porto le stellette e, onestamente, nemmeno mi servono. Le persone mi conoscono, la mia leadership non ha certo bisogno di medaglie. Tutti sanno chi sono e quanto in tutti questi anni ho fatto per il mio territorio. Per quanto riguarda la candidatura a sindaco del capoluogo, posso dirle che non è questo il mio obiettivo. Amo la mia città, ma non ho certo intenzione di candidarmi per diventarne il primo cittadino. Anche se continuerò, come sempre, a dare tutto il mio contributo per portare di nuovo il centrosinistra al governo di Frosinone».
A Frosinone lei dice che va ricostruito un quadro di centrosinistra. Ma con chi e come? E chi l’ha sfasciato questo quadro? E non pensa che Gianfranco Schietroma possa rivendicare anche lui, per il Psi, l’indicazione del candidato sindaco?
«Il centrosinistra non si è sfasciato, ma non possiamo non prendere atto che quel quadro di alleanze che abbiamo costruito alle ultime elezioni, non esista più. Tocca quindi al Pd ricostruire su basi nuove un’alleanza larga e solida. Quando dico larga intendo dire che superi anche i confini del centrosinistra, aprendosi alla società civile e a tutte quelle forze che desiderano il cambiamento. Con il Partito Socialista non possiamo ripetere gli stessi errori del recente passato e che ci hanno portato divisi alle elezioni. L’alleanza con il Psi è prioritaria e necessaria. Bisogna partire dai socialisti e riconoscere a Gianfranco Schietroma la piena legittimità ad avanzare una candidatura del suo partito per guidare l’alleanza di centrosinistra. Sarà poi la coalizione a decidere il progetto, il programma e il candidato sindaco. Per essere ancora più chiaro, tutte le scelte dovranno essere necessariamente condivise. Nessuno pensi che c’è qualcuno che propone e altri che devono semplicemente accettare. Anche l’apertura ai civici va incoraggiata, condivisa e decisa insieme».
Dentro questo quadro, come pensa debba muoversi il circolo del Pd di Frosinone?
«A Frosinone non possiamo far finta di nulla e restare fermi. La coalizione, come detto, si è sfaldata. Ci sono dei rapporti fondamentali da ricucire e da ricostruire, primo tra tutti quello con Memmo Marzi, c’è un dialogo da aprire con pezzi importanti della società e del consiglio comunale che non si riconoscono in questa maggioranza (come ad esempio Pasquale Cirillo, Anselmo Pizzutelli, Alessandra Sardellitti e tanti altri) e c’è un Partito Democratico che da troppo tempo vive un momento di difficoltà e di impasse, anche a seguito delle dimissioni del presidente del circolo, del vicesegretario, di parte della segreteria e del capogruppo in consiglio comunale. Che altro deve succedere per dire che è necessaria una scossa e che bisogna azzerare tutto e ripartire? Serve un congresso che definisca linea, progetto, alleanze e un gruppo dirigente che porti avanti tutto questo. Non servono “accordicchi di bottega” per tirare a campare, altrimenti facciamo la fine dell’ultimo giapponese rimasto a combattere inconsapevole che la guerra fosse finita. Tutto questo va fatto subito e non a ridosso del voto, quando i buoi sono già scappati».
I tre consiglieri comunali di Frosinone, che sono stati eletti con moltissime preferenze, chiedono maggiore attenzione e centralità per il capoluogo. Perché la città di Frosinone, sotto questo punto di vista, è stata sempre penalizzata?
«Non è vero che la città di Frosinone sia sempre stata penalizzata. Quando ci sono state le condizioni, Frosinone ha eletto consiglieri provinciali (anche di recente), consiglieri regionali e parlamentari. I consiglieri comunali del capoluogo rappresentano una grande forza da valorizzare e da promuovere, anche in occasione dei passaggi politici ed elettorali più importanti. I prossimi due anni, da questo punto di vista, saranno decisivi e anche Frosinone dovrà far sentire la sua voce per dare, come giustamente chiedono i consiglieri, maggiore centralità per il capoluogo».
Le formule di Veroli e Ferentino sono state delle eccezioni o possono essere ulteriormente prese in considerazione?
«Alle amministrative non esiste uno schema rigido da seguire e da applicare in tutte le realtà territoriali. A Ferentino e a Veroli sono stati eletti due sindaci: uno del Pd e l’altro civico ma con una storia politica indiscutibilmente di centrosinistra. Quello che va replicato è l’apertura al civismo perché, e i risultati lo confermano, il Pd vince quando la sua politica è inclusiva e punta ad aggregare il maggior numero di persone. Da soli non si vince e non si va da nessuna parte e anche la vittoria di Luca Di Stefano a Sora e alla Provincia lo confermano. Quello che voglio dire è che su questa linea bisogna andare avanti e non bisogna arretrare».
Sul congresso provinciale, ora c’è un commissario che deve sbloccare la situazione. Cosa si aspetta che succeda ora? E che succederà qualora le altre correnti dovessero impugnare la decisione del commissario?
«Deciderà nella sua autonomia il commissario. Un commissario proposto dalla segretaria nazionale Elly Schlein e votato all’unanimità dalla commissione nazionale di garanzia. Per quanto mi riguarda, dico solo che in un partito che si chiama, si definisce ed è democratico, non si può sospendere e annullare l’esercizio della democrazia. E comunque sono fiducioso. Sarà il commissario, così come definito nel decreto di nomina e nel recente regolamento approvato dalla Direzione regionale, a certificare il tesseramento 2024 e ad avviare e concludere l’iter congressuale che porterà all’elezione del nuovo segretario di Federazione. Su nuovi ed eventuali ricorsi non mi pronuncio e non dico nulla, anche perché siamo nel campo delle ipotesi. L’unica cosa che posso dire è che un partito non vive sui ricorsi, ma sulla passione e sulla partecipazione degli iscritti, anche quando si hanno idee e opinioni diverse. È questa la forza del pluralismo e della democrazia».
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