Spazio satira
Quel che resta della settimana
08.12.2024 - 14:00
Siamo già all’emergenza sociale. Quanto sta succedendo nel cassinate per la crisi di Stellantis ha le connotazioni del dramma occupazionale e sociale. Si prefigura la perdita di 400 posti di lavoro entro il 2024 e di altri 1.000 nel 2025. Un futuro a tinte fosche, sia per lo stabilimento di Piedimonte San Germano, sia per l’indotto e per tutte quelle aziende cha fanno parte della galassia ex Fiat. Eppure tutto si può dire meno che non fosse uno scenario ampiamente prevedibile e annunciato. Certo pesa la situazione negativa dell’automotive ad ogni livello: nazionale, europeo, mondiale. Pensiamo alla Volkswagen. Però questo conta fino a un certo punto e non cambia di una virgola l’ansia dei lavoratori e delle loro famiglie. Costretti ogni giorno a trattenere il fiato per capire dove si fermerà la “pallina” in quella che è diventata la “roulette dei licenziamenti”: Piedimonte, Melfi, Pomigliano, Mirafiori.
In tutto questo la risposta da parte della multinazionale è stata rappresentata dalle dimissioni di Carlos Tavares. Come se l’amministratore delegato avesse agito per conto proprio. Siamo seri. Tavares ha “scaricato a terra” le decisioni della proprietà di Stellantis. Negli ultimi tre anni l’azienda ha realizzato 11,7 miliardi di euro di utili perdendo però 2,24 milioni di auto vendute in un periodo di tempo paragonabile. Ha scritto il Corriere della Sera: «Dalla fondazione nel 2021, Stellantis ha distribuito ai soci circa 23 miliardi, di cui oltre 17 miliardi di dividendi e riacquisti azionari per 5,5 miliardi. Exor, primo socio della casa con i 14,9%, ha incassato nel giro di quattro anni una maxi-cedola di quasi 3 miliardi, senza contare i benefici dei buyback effettuati e annunciati da Stellantis». Cifre che dimostrano quali siano state le priorità di Stellantis.
Zero investimenti. Produzione a picco e cassa integrazione
Per quanto riguarda lo stabilimento cassinate, quali dovevano essere in questi anni i segnali di una volontà di rilancio? Alzi la mano chi ha visto investimenti veri e Piani industriali finalizzati ad una produzione di vetture di massa. La forza della Fiat sono stati i modelli della Cinquecento, della Seicento, della Panda, della Uno, della Tipo, della Ritmo. Come si poteva immaginare un’inversione di tendenza se da anni e anni le uniche proposte sui diversi tavoli sono state quelle della cassa integrazione, dei contratti di solidarietà e più in generale degli ammortizzatori sociali? Dicevamo della Fiat, acronimo che stava per Fabbrica Italiana Automobili Torino. Orgoglio nazionale. Perché per decenni la produzione di macchine era il risultato finale di ricerca, tecnologia, investimenti, design, estetica, studio, lavoro di squadra. Con gli Agnelli al timone l’elemento più importante era la macchina. Il prodotto. L’Avvocato aveva un approccio imprenditoriale, industriale, economico. John Elkann ha cambiato tutto: il profilo predominante è quello finanziario. I dividendi contano enormemente di più rispetto al prodotto, alla macchina. Stellantis è una holding multinazionale con sede nei Paesi Bassi: nata dalla fusione tra i gruppi Fiat Chrysler Automobiles e PSA, ha sede legale ad Amsterdam. Torino è una provincia dell’impero, neppure la più importante. Figuriamoci Cassino. Ma quello che non si capisce è che il boom economico di questa provincia (e di molte altre) è stato determinato proprio dal lavoro in fabbrica. Delle donne e degli uomini. Quel lavoro veniva pagato con degli stipendi veri, che hanno consentito a tante famiglie di poter avere una vita: acquistare una casa, far studiare i figli. Salire su un ascensore sociale che oggi è fermo ai piani interrati. Le storie degli operai di Piedimonte San Germano e di quelli dell’intero indotto rappresentano le testimonianze di un’Italia che non c’è più. Lo si capisce bene perfino dalla mobilitazione di questi giorni. Inevitabilmente i sentimenti si mischiano: determinazione e rabbia, paura e speranza, voglia di lottare e smarrimento. Oggi occorrerebbe una risposta dell’Unione Europea, proprio perché la crisi dell’automotive interessa tutti. Un robusto piano di investimenti a sostegno delle aziende, che renda più accessibile l’acquisto di auto. Inoltre per affrontare la concorrenza dei mercati asiatici vanno superati i dogmi ideologici del Green Deal, che si è rivelato una “gabbia” che ha frenato le aziende del settore, scoraggiato gli Stati nazionali (per interventi a sostegno della filiera) e confuso i cittadini. Senza considerare i fallimenti e i ritardi dell’elettrico, che peraltro ha dei costi fuori portata. O si riuscirà a fare questo o le cose potranno soltanto peggiorare. Nel frattempo però è fondamentale fronteggiare una situazione esplosiva sul piano sociale. Sostenendo i lavoratori.
La Stazione Tav? Come un matrimonio senza la... sposa
Settimana di summit e convegni senza soluzione di continuità sul tema della realizzazione di una Stazione Tav in Ciociaria. Peccato che il tutto si sia svolto in assenza di rappresentanti del Governo, nella fattispecie del Ministero dei Trasporti. Di cosa stiamo parlando? Inoltre sono emersi diversi punti fermi. Innanzitutto non ci sono le risorse, i finanziamenti cioè. Non esiste un progetto concreto. Solo uno studio di pre-fattibilità, che però il rappresentante di Ferrovie dello Stato non aveva con sé. Poi bisogna chiarirsi sul mantra dell’opera di bacino. Certamente una Stazione dell’Alta Velocità va immaginata con un compasso di 80 chilometri. Altrimenti il bacino di utenza non potrà esserci mai. Nel mare magnum della “fuffa al cubo” stanno riemergendo perfino i campanilismi. Ogni territorio vuole la Stazione Tav. Se tutto va bene, siamo rovinati.
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