Spazio satira
L'intervista
21.11.2024 - 09:00
Il presidente di Unindustria
Di cosa hanno bisogno le imprese di questa provincia? Corrado Savoriti, presidente di Unindustria Frosinone, non ha dubbi. La risposta è netta: «Di risposte». L’intervista di Corrado Savoriti è avvenuta nella rubrica Zapping-Economia di Ciociaria Oggi (è disponibile in versione integrale sul canale YouTube del nostro quotidiano). Una panoramica a tutto campo.
Allora Savoriti, ha sempre pensato di fare il capitano d’industria? E magari il presidente di Unindustria?
«Alla locuzione capitano d’industria preferisco il termine imprenditore. Perché un imprenditore si mette a disposizione della propria azienda. Per quanto riguarda Unindustria (prima Unione Industriale), quest’anno l’associazione festeggia 80 anni di presenza in Ciociaria. Ho sempre ammirato tutti i miei predecessori. Emozionandomi. Non mi sembra vero di aver raggiunto questo traguardo».
Lei ha 40 anni. E viene dal “vivaio” di Unindustria, ha fatto tutta la trafila. Proprio Ciociaria Oggi ha utilizzato il termine “cantera”, che richiama il Barcellona...
«Beh, il termine “cantera” è fantastico. Vero: ho fatto tutta la trafila. Sono orgoglioso, è un’esperienza sfidante. I giovani hanno voglia di emergere e devono anche poter sbagliare».
Cosa le ha trasmesso suo padre? Quali i suoi sogni prima da bambino, poi da ragazzo e da uomo?
«Mio padre mi ha trasmesso i valori: rispetto per le persone, per le leggi, per le regole. L’educazione. E tanto altro. Sono tifoso della Juventus: da bambino sognavo di fare il calciatore. I miei idoli? Zidane e Del Piero. Ma i piedi mi servono solo a salire le scale. Infatti ho fatto altro».
Ci sono stati degli episodi che, quando si sono verificati, lei ha pensato: sono ad un bivio?
«Naturalmente sì. Due in particolare. Il primo quando sono entrato in azienda, nel mondo del lavoro intendo. Ho pensato: adesso non si gioca più, si fa sul serio. Il secondo episodio è di un mese fa, quando è nata mia figlia. Emozione indescrivibile, unica, mi ha già cambiato la vita».
Quanto sarebbe importante per la Ciociaria una Stazione dell’Alta Velocità?
«Una premessa è fondamentale. La Stazione dell’Alta Velocità va realizzata dove è stata individuata: nell’area tra Ferentino e Supino. Altrimenti non si farà mai. Altre ipotesi rischiano solo di disperdere le forze. Dobbiamo porci dal punto di vista dell’investitore, vale a dire Ferrovie dello Stato. Voglio dire che la Stazione Tav va pensata come opera di bacino, con un compasso di almeno 60 chilometri. Punto di riferimento non soltanto per l’area nord della provincia, ma anche per il Cassinate, la Valle del Liri, la provincia di Latina. E perfino oltre. Per quello che mi riguarda potrebbe essere definita come la Stazione di un’intera parte del Centro. Capisco le motivazioni e le ambizioni dei Comuni, ma i campanilismi rischiano di allontanare gli investitori. E ripeto: la Stazione Tav va inquadrata come opera di bacino».
Di cosa hanno bisogno le imprese in Ciociaria? E la burocrazia spesso “matrigna” può essere in qualche modo cambiata?
«Risposte. Le imprese hanno bisogno di risposte. Rapide e concrete (anche se dovessero essere negative). Alle aziende servono certezze e rispetto dei tempi. L’economia industriale della provincia di Frosinone ha un’anima manifatturiera. Il discorso è semplice: le aziende hanno voglia di crescere. E se un’azienda cresce, allora cresce il territorio. Per raggiungere questo risultato bisogna garantire velocità nelle risposte».
Allora Savoriti, la crisi dell’automotive ha dimensioni internazionali. L’Europa rischia di fare il vaso di coccio tra vasi di ferro. Perfino la Volkswagen ha annunciato tagli e chiusure. Per il sito Stellantis di Piedimonte San Germano è ipotizzabile una riconversione?
«La situazione è molto seria. Stellantis non risponde al Governo e al Parlamento e questo lo dobbiamo tenere presente sul versante delle azioni che possono essere messe in campo. Quando si parla di possibile riconversione del sito, bisognerebbe porsi la domanda successiva: e l’indotto? Viene un nuovo player che assembla le auto? E il resto? L’indotto è una cosa diversa rispetto al fornitore».
Ma se in Europa c’è il Green Deal e in Asia no, come si può pensare a una competizione alla pari?
«Infatti la crisi dell’automotive richiederebbe una linea unitaria in tutti i Paesi dell’Unione Europea e con riferimento anche ai mercati internazionali. Ci sono poi altri punti da tenere in considerazione: il costo del lavoro ma pure il costo energetico. Quest’ultimo fattore in Italia incide di più rispetto alla Spagna e ad altri Paesi europei. Parliamo dello stesso continente».
Si parla tanto di dare gli spazi giusti ai giovani. Poi però è molto complicato in ogni tipo di settore. O no?
«Sotto questo punto di vista Unindustria rappresenta un’eccezione. Ma la considerazione ci sta tutta: anni fa dissi che l’Italia non è un Paese per giovani per quanto riguarda le postazioni apicali. I giovani vanno messi alla prova e hanno bisogno di fiducia. Io stesso ho dovuto dimostrare tanto e che non ero soltanto il figlio di mio padre. Non è positivo che tanti ragazzi vadano via da questo territorio per studiare, per lavorare, per affermarsi. Dobbiamo creare le condizioni affinché restino qui. Largo ai giovani dunque».
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