Spazio satira
Il ritratto
19.03.2023 - 22:00
Uno dei tanti lavori di Marina Longo
C'è un inseguirsi, un intrigarsi di segni e di sfibramenti cromatici in una solidità nebulosa fatta di scansioni ritmiche che richiamano un'armonia non prestabilita, ma via via raggiunta come tappa costruttiva di un universo, di un espandersi di pulviscoli segnici e cromatici dove protagonista è la luce che ora più, ora meno, penetra, compenetra, attraversa, diffondendo la leggerezza, conforme al suo essere e sentirsi in sospensione, in assenza di condizione gravitazionale, per una sfuggevolezza ed una imprendibilità intrinseca.
La ricerca di Marina Longo è finalizzata a cogliere gli stereotipi della quotidianità in un intreccio tra le tendenze consumistiche ed il desiderio di vanificarle e di tentare una nuova "affermazione", un percorso complesso, ricco di adattamenti, volto a mostrare tutte le contraddizioni che convivono con la nostra esperienza quotidiana e con la voglia di girare pagine ed aprirsi a nuovi e più genuini desideri. Il suo linguaggio espressivo rimanda ad una visione che affonda le avide radici della ricerca, nell'operazione di sintesi che proprio gli artisti hanno saputo proporre alla cultura del mondo. Lavori essenziali, ma non per questo meno elaborati intellettualmente.
Vibrazione, trasparenza, luminosità e costruzione non sono solo termini cruciali che possono aderire all'insieme complesso e tenace del lavoro di Marina Longo, per una trasposizione, più o meno lirica, del senso di una ricerca destinata a modificarsi e ad avanzare sul terreno delle variazioni sottili e sensibilmente controllate. Certo non è facile conservare il senso ed il ritmo delle forme e dei segni, animati da una riflessiva volontà analitica, nel proliferare delle pulsioni mnemoniche e nelle nostalgiche reminiscenze di un passato ineludibile e al tempo stesso "da dimenticare".
Una pura spazialità di luce e di colore svincolata da ogni referenzialità, da ogni seduzione del corporeo e delle sue valenze mitiche e narrative, quindi senza appesantimenti di significati rigidi, che in maniera imprevedibile reagiscono a sollecitazioni che vengono da molteplici direzioni, a vibrazioni che sono date da un invisibile scontro di cromatiche molecole astratte. Come in un sogno ad occhi aperti, dove le coordinate linguistiche sono autonome da ogni sensibilità comune nel mondo avventuroso dei colori e non trovano equilibrio, precario e momentaneo, se non nella resistenza del foglio, del supporto che traduce il "fantastico" in "reale", che è la manifestazione e l'espressione dell'eterno contrasto tra materia e spirito.
La ceramica per la Longo è un intonaco dove la memoria esprime se stessa visualizzando racconti e storie drammatiche della quotidianità, le geometrie disegnate con i rilievi delle ceramiche recenti sono uno spartito musicale che spazializza nella regola della composizione le proprie emozioni. La liberalizzazione dalla composizione cromatica offre alla geometria della razionalità formale l'articolazione significante dello spazio del colore come realtà del pensiero. La ricerca della Longo ha nella ceramica un approdo felicissimo, come se quel materiale, duttile a modellarsi e ricettivo di cromie intense e delicate, ascoltasse e ricordasse la segreta vibrazione poetica oltre che visiva della sua creatività.
Mi convince e mi affascina, dei lavori della Longo, quel suo modo di manipolare la materia assecondandone la naturale tridimensionalità e ottenendo effetti di sorprendente plasticità che accoglie e restituisce con leggerezza le incisioni e le stesure cromatiche su di essa. Dare struttura alla leggerezza vicina all'immaterialità, all'evanescenza, a un segno, pur se in rilievo, delicatissimo, non è certo cosa facile. Questo è ad ogni modo il fondamento della ricerca di Marina Longo.
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