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Cassino

Stellantis, ancora stop produttivi. «Ora l’integrazione al reddito»

La richiesta della Fiom a uno dei tavoli regionali per sostenere le famiglie con gli ammortizzatori sociali. Di Traglia: i lavoratori vedono gli stipendi falcidiati da cig e cds. Il loro potere d’acquisto è ai minimi storici

Stellantis, ancora stop produttivi. «Ora l’integrazione al reddito»

La linea di montaggio interna allo stabilimento pedemontano

Ancora stop produttivi per lo stabilimento cassinate. Nessun rientro previsto per domani quando le linee del montaggio dovevano riaccendersi mentre lastratura e verniciatura sarebbero dovute rientrare venerdì. Stellantis ha comunicato che la ripartenza del reparto montaggio è posticipato a mercoledì; lastratura e verniciatura domani. Lo stabilimento Stellantis di Cassino è il simbolo di una crisi industriale che rischia di travolgere l’intero basso Lazio. Le vendite dei modelli Alfa Romeo restano al palo, la Maserati Grecale viaggia su volumi minimi, e l’avvio della produzione elettrica di Stelvio e Giulia è stato rinviato di almeno due anni. Intanto, l’accordo commerciale con il produttore cinese Leapmotor apre le porte a un dumping interno che mette fuori gioco la manifattura italiana.
Il gruppo ha già speso oltre 770 milioni per incentivare l’uscita di quasi 10.000 lavoratori, senza però investire in ricerca, sviluppo o nuovi progetti produttivi sul territorio.

La Fiom denuncia l’assenza di una missione per lo stabilimento di Cassino e chiede l’immediata attivazione di un piano industriale.
Al centro della vertenza, anche la richiesta di un’integrazione al reddito per i lavoratori colpiti da cassa integrazione e contratti di solidarietà. Una misura necessaria, non solo per garantire dignità a chi ha visto crollare il proprio potere d’acquisto, ma anche per evitare che la transizione ecologica diventi una questione sociale irrisolta.
Senza interventi concreti, il rischio è che a pagare il prezzo della trasformazione industriale siano ancora una volta solo gli operai e le loro famiglie.
«I numeri parlano chiaro - spiega Andrea Di Traglia segretario Frosinone-Latina Fiom Cgil - Stellantis continua a perdere quote di mercato perché produce auto che non si vendono. Questo è il nodo centrale dietro i dati allarmanti, in particolare quelli relativi allo stabilimento di Cassino, dove marchi come Alfa Romeo registrano risultati deludenti e Maserati, con la Grecale, è ridotta a volumi di produzione minimi.

Il problema è proprio questo: si realizzano auto poco appetibili, le quote di mercato sono scese sotto il 30% mentre la concorrenza interna peggiora la situazione. L’accordo commerciale con Leapmotor, siglato un paio di anni fa, ha aperto la strada al dumping del produttore cinese, che può immettere sul mercato auto elettriche a basso costo e con dotazioni full optional.
In questo scenario, le produzioni italiane, li dove si produce elettrico, vengono inevitabilmente penalizzate dall’interno.

Le conseguenze si ripercuotono sullo stabilimento e sull’intero indotto: componentistica, occupazione e territorio. Stellantis ha speso oltre 777 milioni per incentivare le uscite di quasi 10.000 dipendenti, risorse che non sono state investite in ricerca, sviluppo o nella realizzazione della gigafactory prevista a Termoli - poi trasferita a Saragozza, in Spagna.

In un simile contesto, non esiste una prospettiva industriale concreta - continua Andrea Di Traglia - né a breve né a medio termine, per la transizione ecologica. A livello regionale, gli aiuti a pioggia come il rifinanziamento della Legge 46 non bastano e non garantiscono la tenuta del settore automotive proprio perché non sono vincolanti ad esso.

Serve un piano industriale chiaro, che venga illustrato una volta per tutte, soprattutto per lo stabilimento di Cassino, oggi privo perfino di una missione produttiva sulla carta. L’incontro del 20 con Filosa deve chiarire quali sono le prospettive reali. Con l’elettrico rinviato di almeno due anni, i lavoratori vedono gli stipendi falcidiati da cassa integrazione e contratti di solidarietà. Il loro potere d’acquisto è ai minimi storici – peggio dei numeri dello stabilimento stesso che quest’anno con più chiusure che aperture (86 giorni di stop) fa numeri peggiori del covid e rischiamo di chiudere sotto le 20.000 vetture

Per questo, in Regione, come Fiom abbiamo chiesto un’integrazione al reddito, a seguito di una campagna di raccolta firme tra i lavoratori, per sostenere chi sta pagando il prezzo più alto di una transizione mai partita e che è necessario governare - conclude Di Traglia - bloccata da mancati investimenti e contese politiche a livello europeo e locale».

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