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Lo studio

Frane, la Ciociaria è a rischio

Il 15% del territorio in aree a pericolosità elevata e molto elevata per quasi 33.000 abitanti. Interessato il 7% delle famiglie e degli edifici come pure il 4% delle imprese. Frusinate 24º in Italia

Frane, la Ciociaria è a rischio

Il 15% del territorio provinciale è in aree a pericolosità elevata e molto elevata per le frane con il 7% della popolazione esposta. Sono oltre 36.000 i ciociari che vivono in aree potenzialmente a rischio. Un altro 7% è rappresentato dagli edifici in aree soggette a frane, cui si aggiungono il 4% delle imprese e il 12% di monumenti culturali.
Sono i principali dati, emersi per la Ciociaria, e diffusi in questi giorni dall’Ispra con il rapporto “Dissesto idrogeologico in Italia: pericolosità e indicatori di rischio”. Lo studio realizza una mappatura delle aree a rischio frana della Penisola, con numeri aggiornati al 2024.

Frosinone non sta messa troppo bene. Le aree di attenzione ammontano a 903 chilometri quadrati. Più in dettaglio, in fascia P4, ovvero aree a pericolosità da frana molto elevata, sono 469 chilometri quadrati, quelle a rischio elevato ammontano a 14 chilometri quadrati, quelle a rischio medio sono 54 chilometri quadrati. Infine, si contano altri 28 chilometri quadrati di aree a rischio moderato. Il totale delle aree a rischio da elevato a molto elevato sono 483 chilometri quadrati che, in percentuale, equivalgono al 14,9% dell’intero territorio provinciale.

Numeri non certo paragonabili al resto delle province laziali dove, al massimo, si raggiunge il 5,2% (tra pericolosità elevata e molto elevata) nella provincia di Latina per scendere al 3,5% di Viterbo, al 2,7% di Roma e al 2,6% di Rieti.
In Italia, invece, spicca l’83,7% di Aosta e il 30,9% di Forlì-Cesena e di Lucca. Solo 23 province italiane hanno una percentuale di aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata peggiore di quella del Frusinate.
Lo studio, poi, prosegue, con le cifre della popolazione a rischio residente nelle aree più pericolose. Per la Ciociaria il dato si posiziona al 7% con un totale di 32.937 abitanti. Ma sono 84.312 quelli residenti in aree di attenzione. Scomputando i numeri sono 30.913 coloro che abitano nella fascia considerata a rischio molto elevato e altri 2.024 che sono a rischio elevato. Poco meno di 10.000, invece, vivono in aree a rischio tra il medio e il moderato. Nel resto del Lazio le popolazioni più a rischio si posizionano tra il 4,5% di Viterbo, il 2,4% di Rieti, l’1,8% di Latina e lo 0,6% di Roma.

Un altro dato riguarda la stima sperimentale della popolazione potenzialmente presente a rischio frane nelle aree a pericolosità elevata e molto elevata. In provincia di Frosinone la stima è di 36.540 persone su una popolazione potenzialmente presente di 504.325 unità, rispetto al dato Istat dei residenti del 2021 che è di 470.689. Un dato maggiore anche di quello di Roma, che si ferma a 25.391 residenti in aree a rischio elevato e molto elevato. A Latina sono 11.503, a Viterbo 15.360 e a Rieti 4.104.
Gli edifici a rischio in aree a pericolosità da elevata a molto elevata sono il 7,2% in Ciociaria. In termini assoluti parliamo di 16.329 unità immobiliari, di cui 15.351 in aree giudicate a rischio molto elevato. Nel resto del Lazio la percentuale varia dal 4,8% di Viterbo allo 0,6% di Roma. Nel mezzo il 2,6% di Rieti e l’1,9% di Latina.
Sul versante delle imprese a rischiare, nel Frusinate, sono in 1.523 per il 4,1%. Anche in questo caso il grosso si trova in fascia P4, la peggiore, con 1.460 unità. Nel Lazio è Viterbo ad avvicinarsi di più con il 3,8%. Più staccate le altre province: Latina è all’1,8%, Rieti all’1,7% e Roma allo 0,4%.

Infine, c’è da considerare un 11,7% di beni culturali a rischio in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata. Il dato numerico è di 154, di cui 148 siti in zone considerate a rischio molto elevato. In totale i beni culturali in aree ritenute soggette ad attenzione sono 239. Questa volta la peggiore del Lazio è Viterbo con 447 beni in zone a rischio elevato e molto elevato, seguita da Latina con 153, da Viterbo con 124 e da Rieti con 70.

«I fattori più importanti per l’innesco dei fenomeni franosi sono le precipitazioni brevi e intense - si legge nel dossier - quelle persistenti e i terremoti. Relativamente a questi ultimi si ricordano le frane, prevalentemente di crollo, innescatesi con i terremoti della sequenza sismica che ha interessato l’Italia centrale a partire dall’agosto 2016. Negli ultimi decenni i fattori antropici, quali tagli stradali, scavi, sovraccarichi dovuti a edifici o rilevati, hanno assunto un ruolo sempre più determinante tra le cause predisponenti delle frane. L’abbandono delle aree rurali montane e collinari ha determinato un mancato presidio e manutenzione del territorio e dei manufatti antropici».

Fari anche sui cambiamenti climatici in atto che «stanno, inoltre, determinando, alle nostre latitudini, un incremento della frequenza degli eventi pluviometrici brevi e intensi con un conseguente aumento dei fenomeni di instabilità dei versanti con particolare riguardo alle frane superficiali e alle colate detritiche. Al contempo, la riduzione dei valori di precipitazione totale annua e l’incremento dell’evapotraspirazione potrebbero comportare una riduzione delle attivazioni delle frane più profonde o che coinvolgono terreni a bassa permeabilità».

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