Spazio satira
Castrocielo
10.06.2025 - 09:09
Uccisi da un “pino killer” sulla Casilina nel 2018. A quasi sette anni dal tragico incidente, ieri in aula le parole di tre dei sei imputati finiti a processo per la delicata vicenda giudiziaria nata dalla morte di Rudy Colantonio e Antonio Russo.
Era il 29 ottobre del 2018 quando il “pino killer” cadde sull’auto delle vittime che stavano transitando sulla Casilina nord. A bordo della Smart bianca colpita durante una tempesta dal grosso pino c’erano i due ragazzi: inutili i soccorsi.
Sei i soggetti - due rappresentanti della società Astral che aveva in gestione le strade regionali e due privati che espletavano il servizio di manutenzione insieme ad altri due responsabili ed ex responsabili del Comune di Castrocielo (uno dei quali è l’ex sindaco Filippo Materiale) - finiti a processo. Che si è aperto, dopo lunghi rinvii.
Ieri in aula la ricostruzione effettuata da tre degli imputati (coloro che hanno prestato il consenso), che sono stati chiamati a riferire per stabilire le responsabilità del caso.
Le testimonianze
«Quel giorno tremendo emisi due ordinanze sindacali per l’allerta meteo. Chiusi le scuole e attivai il Coc. Ci furono dei danni anche in altre zone» ha riferito in aula l’ex sindaco di Castrocielo, Filippo Materiale, che è stato il primo a prendere la parola. «Ero sindaco quando cadde l’albero su un tratto della Casilina che la giunta aveva inserito nel centro abitato di Castrocielo. Le piante messe lì dopo la seconda guerra mondiale, che potessero creare problemi di sicurezza, era un fatto ovvio. Ma se avessi avuto coscienza di un albero particolarmente danneggiato sarei intervenuto, come sempre. Avevo ad esempio inviato una lettera alla Provincia per l’unico albero pericolante ed era stato tagliato. Non ero a conoscenza che quello potesse crollare - ha dettagliato l’ex primo cittadino - E non ero sindaco quando la giunta decise di includere quel tratto». Quindi ha spiegato quali fossero le presunte responsabilità per l’ordinario e per le attività straordinarie, con un cambiamento normativo dal 2016.
«L’albero non rientrava nelle competenze del Comune» ha ribadito. Poi, incalzato da pm e avvocati, sulla possibilità di chiudere l’intero tratto di strada, ha risposto: «Nei Comuni con meno di 10.000 abitanti può chiudere la strada l’ente proprietario. Avrei commesso un abuso prendendo questo potere. E comunque non avevo individuato alberi pericolanti».
A prendere la parola è stato poi Antonio Mallamo, amministratore unico di Astral. «Come legale rappresentante avevo delegato le funzioni al direttore generale, anche con potere di spesa» ha affermato, sottolineando di non essere edotto sulle singole fattispecie operative compiute. E spiegando la strutturazione di una vera e propria «organizzazione gerarchica», in cui lo stesso aveva solo «indirizzo politico». «Una struttura piramidale, quella dell’azienda» ha ribadito.
Quindi la parola è passata a Daniele Prisco, Rup per Astral. L’ingegnere ha risposto alle domande soffermandosi sulla correttezza del suo operato e su quella di Astral, sostenendo le ragioni per cui la competenza sarebbe stata del Comune di Castrocielo. E sottolineando anche la sua estraneità ai fatti, per la figura professionale ricoperta. «Non ho svolto la funzione di direttore dei lavori e dell’esecuzione vista l’incompatiblità prevista dalla normativa Anac con la figura di Rup» ha spiegato Prisco. Peraltro «non avevo funzioni dirigenziali né alcun potere decisionale e di spesa» ha aggiunto. Ora si tornerà in aula il prossimo 2 luglio per il controesame degli imputati. Le difese - gli avvocati Scacchi, Picano, Casinelli, Giannichedda, Salera, Marandola, De Vivo, Fantaccione, De Siena e Cinelli - sono pronte.
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