Uno scenario impensabile solo pochi giorni fa, quando i tifosi del Brescia festeggiavano la salvezza conquistata sul campo contro la Reggiana. Ieri pomeriggio, decine di supporter infuriati si sono radunati sotto la sede del club, dando sfogo a una rabbia che da mesi cova contro il presidente Massimo Cellino. La contestazione, esplosa con forza, è legata alla vicenda dei crediti d’imposta che ha messo nei guai il club, rischiando di compromettere i meriti sportivi ottenuti con fatica. In serata, il Brescia ha diramato un comunicato ufficiale: «La società ricorrerà in qualsiasi sede sportiva e, se necessario, extra-sportiva, per tutelare la propria posizione ritenendo di aver adempiuto correttamente alle scadenze».
In una giornata convulsa, Cellino ha incassato la solidarietà di alcuni esponenti politici. Il governatore della Lombardia, Attilio Fontana, ha dichiarato: «Le norme vanno rispettate, ma i tempi e i modi di questa vicenda sono inaccettabili». Gli ha fatto eco Emanuele Moraschini, presidente della Provincia di Brescia: «Mi auguro che possa essere fatta chiarezza per confermare i meriti sportivi conquistati con fatica sul campo».
Ma a fare rumore sono state soprattutto le parole di Massimo Cellino, rilasciate in un’intervista esclusiva a Nicola Binda, firma di prestigio della Gazzetta dello Sport. Il presidente non si è nascosto: «Confermo di aver utilizzato quel sistema di pagamento, l’avrei fatto anche a giugno per l’iscrizione, perché è corretto. Se mi avessero detto che non andava bene, avrei pagato di tasca mia, come ho fatto in tanti anni di calcio tra Cagliari, Leeds e Brescia, vendendo anche le mie case». Poi la rivelazione choc: «Siamo stati truffati, e ho già presentato una denuncia penale. Quella società di via Montenapoleone a Milano che ci ha venduto i crediti d’imposta è sparita, non rispondono più al telefono. Eppure hanno ceduto crediti d’imposta per più di 100 milioni a molte aziende».
Alla domanda se anche altre società calcistiche siano coinvolte, Cellino ha risposto: «Sì, la Covisoc mi ha detto che non siamo i soli. Ma non ho sentito di altre indagini».
Sul nome della società milanese, Cellino ha aggiunto: «Non me lo ricordo, so che il titolare è un certo Alfieri». Quanto alla cifra, ha spiegato: «Abbiamo chiesto 2,4 milioni in crediti d’imposta e loro hanno trattenuto circa il 15%. C’era chi ci offriva il 25%, quindi uno sconto maggiore, ma il nostro fiscalista era tranquillo, aveva garanzie dalla Banca d’Italia: ora è disperato».
Il presidente ha poi ricostruito la tempistica: «Il 9 maggio ci hanno detto che erano in corso verifiche e avevamo 60 giorni di tempo, dicendomi che in caso contrario avrei dovuto rispondere in solido. E io sarei stato pronto a farlo». Ma la situazione è precipitata: «Tutto è molto strano, in due giorni hanno fatto e chiuso le indagini. Noi avevamo mandato alla Covisoc copia del contratto di acquisto e anche la ricevuta del nostro pagamento».
Nonostante il caos, Cellino non si arrende: «Non mi va di finire così la mia esperienza al Brescia. Sabato avevo anche definito la cessione del club a una persona perbene, italiana. Ora chissà, siamo nei guai: ma noi daremo battaglia». Una battaglia che si preannuncia lunga, tra ricorsi e aule giudiziarie, mentre la piazza bresciana attende risposte e chiarezza.