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Frosinone

Scuola “Pietrobono”: l'istituto per ora è salvo

Sospesa la procedura esecutiva nell’attesa del completamento dell’acquisizione sanante da parte del Comune. Tutto rimandato a febbraio, ma la curatela potrebbe impugnare davanti al Tar i provvedimenti adottati dall’ente

Scuola “Pietrobono”: l'istituto per ora è salvo

La scuola media “Pietrobono” di via Puccini al centro di una querelle giudiziaria

Tutto rinviato a febbraio. Il destino della scuola media “Pietrobono” si deciderà nel 2025. Ieri, davanti al giudice dell’esecuzione del tribunale di Frosinone, Simona Di Nicola, si è svolta l’udienza di merito nell’ambito della procedura di esecuzione immobiliare, promossa dal fallimento Mancini, con la quale sono stati pignorati immobili appartenenti al Comune di Frosinone tra cui, appunto, la scuola.
All’esito dell’udienza, la procedura esecutiva è stata sostanzialmente congelata nell’attesa che il Comune porti a compimento la procedura di acquisizione sanante con la quale, in buona sostanza, l’ente vuole rientrare in possesso dell’immobile di via Puccini.

Uno scenario, quello maturato, gradito al Comune: «All’udienza, il Comune di Frosinone - si legge in una nota ufficiale - mediante l’avvocato dell’ente Marina Giannetti, ha rappresentato l’avvenuta adozione da parte dell’Amministrazione del provvedimento di acquisizione sanante del fondo su cui insiste l’edificio scolastico. Il Tribunale di Frosinone ha rinviato, quindi, al 19 febbraio 2025 la presa d’atto della definitiva acquisizione all’esito pagamento delle indennità di esproprio che avverrà nei termini e modi di legge nei confronti dell’avente diritto».

«Lo step odierno - ha dichiarato il Sindaco Riccardo Mastrangeli - testimonia la bontà dell’impegno portato avanti da parte dell’amministrazione per il futuro dei nostri giovani e per la continuità del servizio educativo, essenziale per il benessere e la crescita della nostra città».

«Gli atti posti in essere all’Amministrazione - hanno dichiarato gli assessori Angelo Retrosi e Valentina Sementilli, rispettivamente al patrimonio e all’istruzione - hanno pertanto salvaguardato l’utilizzazione dell’edificio pubblico per le attività scolastiche che vi si svolgono e che rivestono primaria importanza per le studentesse e gli studenti, per le loro famiglie, per il personale docente e non docente e per l’intera collettività».

Scongiurata, quindi, per ora, l’emissione di un provvedimento di sgombero dell’immobile con trasloco forzato da parte di alunni e insegnanti. Tutto si gioca sul lieto fine della procedura di acquisizione sanante, una procedura espropriativa “eccezionale” che rappresenta, a determinate condizioni, la soluzione legale per l’amministrazione che abbia realizzato un’opera pubblica su un terreno di proprietà privata in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o di dichiarazione della pubblica utilità, per acquisire il bene immobile al proprio patrimonio indisponibile, corrispondendo al proprietario un indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale, nella misura stabilita dalla legge.

L’acquisizione, quindi, di un bene utilizzato senza titolo per scopi di interesse pubblico persegue la finalità di regolarizzare le conseguenze di procedure ablatorie illegittime o di comportamenti illeciti della pubblica amministrazione in ambito espropriativo. Il punto, tuttavia, è abbastanza controverso, dal momento che, di recente, la giurisprudenza di Cassazione ha assunto un orientamento diverso, fissando dei paletti ben precisi, soprattutto dal punto di vista temporale, sui poteri d’azione della pubblica amministrazione. Sotto questo punto di vista, l’ente ritiene che l’area su cui è costruita la scuola risulti, allo stato attuale, irreversibilmente trasformata e adibita ad attività di pubblico interesse, onde ne è oggettivamente impossibile la restituzione, così come parimenti risulterebbe inammissibile ed oltremodo onerosa una riduzione in pristino della stessa.

Risultano, quindi, secondo il Comune, preminenti gli interessi pubblici sottesi alla sua definita acquisizione al patrimonio comunale e, inoltre, ci sarebbe l’assenza di un apprezzabile pregiudizio in capo al proprietario catastale, comprovata anche dalla circostanza secondo cui l’unica azione intrapresa in sede giudiziaria ha riguardato il pagamento dell’indennizzo, non essendosi adoperato per la restituzione del bene o per la restituzione nello status quo ante.
Per questo, allo scopo, sono stati messi a disposizione 116.468,37 euro per indennizzare la curatela.
Curatela che, tuttavia, potrebbe impugnare davanti al Tar la procedura di acquisizione sanante. Uno sviluppo tutt’altro che remoto. Anzi. La parola fine ancora non c’è e la spada di Damocle pende ancora sulla testa della “Pietrobono”.

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