Casamari
30.12.2025 - 19:17
Tre porte rimarranno sempre aperte: la speranza, l’amore e la fede. Lo ha sottolineato l’arcivescovo Santo Marcianò durante la celebrazione eucaristica di chiusura del giubileo ordinario per le diocesi di Frosinone-Veroli-Ferentino e Anagni-Alatri.
Cosa ha portato il Giubileo? Cosa lascia? Cosa chiede? L’arcivescovo Marcianò ha provato a rispondere individuando tre doni «tre porte aperte dal giubileo: la speranza, porta di una Chiesa in preghiera. L’amore, porta di una Chiesa in sinodo. La fede, porta di una Chiesa in cammino. Cosa ha portato il giubileo? La speranza, porta di una Chiesa in preghiera. Se proviamo a rileggere la Bolla di Indizione del giubileo scorrendo la storia dell’anno trascorso, potremmo lasciarci cogliere da una certa disillusione rispetto a quanto all’inizio ci aveva fatto “respirare”.
In quel prezioso documento, infatti, Papa Francesco indicava alcuni “segni di speranza” e rivolgeva alcuni appelli: la “pace per il mondo, che ancora una volta si trova immerso nella tragedia della guerra”; “un’alleanza sociale… per un avvenire segnato dal sorriso di tanti bambini e bambine che vengano a riempire le ormai troppe culle vuote”; “dei segni di vicinanza concreta per i detenuti, ammalati, gli anziani, i migranti, i poveri e per i giovani, gioia e speranza della Chiesa e del mondo”. Tuttavia, il mondo brucia ancora di guerre, tanto da aver portato Leone XIV ad affermare che «chi crede nella pace è spesso ridicolizzato»; le nascite in Italia calano; il sostegno ai malati viene soppiantato da logiche di eutanasia e suicidio, i poveri aumentano. Nulla sembra cambiato, eppure nulla è come prima. Non possiamo vivere come se questo Giubileo non sia esistito. Come se tanti operatori di pace non abbiano continuato a lavorare e dare la vita; come se tante famiglie non si siano aperte generosamente alla vita di figli e anziani, anche malati e disabili; come se tanti giovani non avessero invaso la spianata di Tor Vergata, rimanendo silenziosamente in Adorazione di Gesù e in ascolto della Sua Parola portata dal Papa».
Monsignore Marcianò ha evidenziato che «Il patrimonio del giubileo è una vera eredità d’amore il cui segreto l’amore riversato dallo Spirito nei nostri cuori – non può che essere imparato in famiglia fin dai primi istanti di vita. Una delle porte che si è aperta nella Chiesa è di certo la dinamica sinodale, che lo stesso giubileo lascia in dono; c’è stata un’intersezione provvidenziale tra questi due preziosi eventi, nella Chiesa universale e italiana; e mi piace pensare che la Festa di oggi, con la solenne chiusura diocesana del giubileo, quasi suggeriscano il binomio “sinodo – famiglia”. Sì, la Chiesa in Sinodo è una Chiesa Famiglia! È una Chiesa Sposa e Madre, nella quale vivono relazioni autentiche di filialità, paternità, fraternità. Credo che il Sinodo debba ancora maturare in questa direzione, per coniugare il vero ascolto alla vera obbedienza, la “sottomissione nel Signore” all’amore capace di valorizzare e donare tutto. È il cammino d’amore lungo il quale desidero che la nostra Chiesa diocesana cammini».
Il vescovo ha ricordato «come poche volte nella storia durante un giubileo, abbiamo vissuto cosa significhi perdere il Pastore, sentendoci smarriti alla morte di Papa Francesco; ma abbiamo sentito con quanta dolcezza il Padre abbia provveduto per noi, quando Papa Leone si affacciato per la prima volta alla finestra. La fede della Chiesa è fondata su Pietro, principio di unità assieme ai vescovi, successori degli apostoli. E sono convinto che questo giubileo abbia confermato come oggi il cammino di fede sia cammino di unità. Anch’io l’ho sperimentato con forza venendo tra voi. Solo se uniti, e insieme, pure dopo il Giubileo, «rimarremo pellegrini di speranza!», come ha detto Papa Leone. Perché «sperare è vedere che questo mondo diventa il mondo di Dio: il mondo in cui Dio, gli esseri umani e tutte le creature passeggiano di nuovo insieme, nella città-giardino, la Gerusalemme nuova. Maria, speranza nostra, accompagni sempre il nostro pellegrinaggio di fede e di speranza».
A conclusione della celebrazione è stato cantato il Te Deum che «aprendoci al ringraziamento, avvierà il giubileo della vita - ha concluso monsignore Marcianò - attraverso le tre porte che rimarranno sempre aperte per noi e da noi: la speranza, l’amore, la fede».