Spazio satira
Il libro
29.01.2024 - 19:09
Marco Bussagli docente all'Accademia di Belle Arti di Roma nonché consigliere comunale di Veroli
Un mistero rimasto nascosto tra le pieghe del tempo. Un incisivo in più che, furtivo e portatore di enigmi, si è trascinato attraverso epoche, in un segmento simbolico da investigare e studiare. L'attitudine ad arrestarsi davanti al noto, senza tentare di scovare lo scibile multiforme, non è certo nelle corde del professor Marco Bussagli, docente all'Accademia di Belle Arti di Roma nonché, attualmente, consigliere comunale in quel di Veroli.
Questo modus agendi è alla base del suo ultimo lavoro, "Il male in bocca" (Medusa, 2023), sintesi di una ricerca cominciata oltre venticinque anni fa alla scoperta del "mesiodens". Una patologia, quella di cui sopra, che rimanda alla presenza di un dente in più nella cavità dentale, posto al centro dell'arcata superiore o inferiore.
A smuovere l'interesse dell'autore circa un tema di tale specificità, una sua visita nella Cappella Sistina durante i lavori di restauro del 1997: a solleticare l'attenzione, i diavoli michelangioleschi e i peccatori che sfoggiavano appunto un particolare dente centrale. Un argomento nuovo, di cui la letteratura scientifica non portava traccia e che ha lasciato ampio spazio di indagine tale da segnare una linea temporale che dalla Grecia arcaica conduce ai giorni nostri.
Il professore ha aggiunto così alla lista delle sue tante pubblicazioni un volume che si dirotta, come recita il sottotesto, verso "la lunga storia di un'iconografia dimenticata" e che succede al testo "Il dente di Michelangelo". Il professore è stato di recente ospite di diversi servizi sulle reti Rai e della sua recente fatica si sono occupate alcune tra le maggiori testate giornalistiche, come Il Venerdì di Repubblica e il Tempo. A spiegarci ragioni e motori di questo lavoro è proprio il professor Marco Bussagli.
«Nel 2014 è uscito il mio primo libro sul tema, ovvero sui denti di Michelangelo. Da lì ho cominciato a raccogliere ulteriore materiale che mi ha permesso di ricostruire un'insospettabile estensione cronologica, con i primi esempi presenti già nel V secolo a.C.. Questa iconografia, sia pure con alcune declinazioni simboliche diverse, talora in apparente contraddizione, andava dalla Magna Grecia al XX secolo. Si profilavano, perciò, due ambiti d'indagine. Uno di natura, per così dire, religiosa e l'altro laico. Quel che è emerso da questa nuova ricerca, spiega come il caso di Michelangelo s'inserisca entro una tradizione secolare che si è lasciata affascinare da un'anomalia anatomica, apparsa raccapricciante in un primo tempo ma che subito dopo fu considerata ammaliatrice e tale da catalizzare l'attenzione di artisti, medici e teologi».
Non è un caso, infatti, che tale iconografia abbia assunto connotazioni polifunzionali alla narrazione artistica, che dalla tradizione greca ha mutuato il simbolo ma ne ha diversificato il significante e il significato. Il "mediodens" racconta il male demoniaco nel pantheon cristiano nel periodo medievale, si palesa in epoca rinascimentale e nella tradizione fiamminga per poi marcare una linea spartiacque comparendo nel Cristo della Pietà di Michelangelo. Un incisivo centrale e solitario, chiave di volta di una narrazione satirica e declinato nei secoli in molteplici sfaccettature, dallo scherno da celare, all'ilarità da rendere manifesto fino redenzione del peccato umano che il Cristo fagocita sconfiggendo così, il male in bocca.
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