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Delitto di via Pascoli

Yirel, ora si va in appello

La procura si concentra sul riconoscimento delle aggravanti e sulla capacità di intendere di Di Carlo. Anche la difesa dell’imputato si muove e punta sulla sua totale infermità mentale

Yirel, ora si va in appello

Un momento del sopralluogo della Scientifica sul luogo del delitto

Delitto di via Pascoli, ora si va in appello. Ad aver presentato istanza è stata la Procura di Cassino, che si è concentrata - dopo la sentenza di primo grado - sul riconoscimento delle aggravanti dei futili motivi e sulla capacità di intendere e volere di Sandro Di Carlo. Ma anche la difesa dell’operaio si è mossa puntando al riconoscimento della totale incapacità di intendere e volere.

Per l’omicidio di Yirel Peña Santana - la trentaquattrenne di origini dominicane uccisa nel 2023 a coltellate, dopo essere stata picchiata brutalmente - Di Carlo, operaio di 28 anni di Cassino, è stato condannato a luglio scorso a 14 anni. A legare il suo nome all’appartamento di via Pascoli, una impronta insanguinata sul muro della stanza da letto della dominicana che lui avrebbe sì incontrato ma non ucciso, come ribadito al gip subito dopo l’arresto avvenuto dopo un’indagine lampo della polizia del Commissariato e della Squadra Mobile. A luglio scorso la sentenza: «Esclusa l’aggravante contestata, riconosciute le attenuanti del vizio parziale di mente; le attenuanti generiche ritenute prevalenti sulla contestata recidiva; applicata la riduzione per la scelta del rito, la Corte condanna Di Carlo a 14 anni di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali». Una decisione che sembrerebbe aver tenuto conto delle due sentenze precedenti (per altri reati) passate in giudicato per Di Carlo.

La Corte presieduta dal dottor Marcopido aveva inoltre disposto - tra le altre cose - che la pena fosse espiata «in un istituto penitenziario dotato di una struttura per la tutela della salute mentale». Se Di Carlo dovesse risultare del tutto guarito e rispettoso delle prescrizioni, vista la detenzione già scontata, potrebbe poter beneficiare della semilibertà già nel 2030. Ovviamente sempre se l’istituto psichiatrico detentivo dovesse certificare la sua non pericolosità sociale. Al termine comunque della pena, Di Carlo sarà sottoposto alla misura della libertà vigilata per cinque anni, con l’affidamento all’autorità di pubblica sicurezza competente. Disposto anche il risarcimento delle parti civili (rappresentate dall’avvocato Marco Rossini): per la mamma e i bambini di Yirel (da liquidarsi in un separato giudizio) una provvisionale di 30.000 euro ciascuno, oltre al pagamento delle spese. E il risarcimento di 6.000 euro anche per “Insieme a Marianna”.

Nell’impugnazione la Procura di Cassino - nella persona del pm Alfredo Mattei - ha puntato (così come aveva fatto in sede di discussione) su due elementi chiave: il riconoscimento delle aggravanti dei futili motivi e quello della capacità di intendere e volere dell’imputato. Sarebbero due i periti che avrebbero ritenuto che l’imputato sia sì affetto da un disturbo borderline, ma senza che lo stesso abbia azzerato la capacità di intendere e volere: questo il punto cruciale in discussione. Stesso punto - sebbene ribaltato - che ha sostanziato l’appello proposto dalla difesa dell’imputato, rappresentato dagli avvocati Sandro Salera e Alfredo Germani. Come ribadito anche durante la discussione, per i due difensori la richiesta si è concentrata sul riconoscimento della totale infermità mentale. Anche il processo di appello si preannuncia complesso: ricordiamo che già in primo grado i professori nominati dalle parti si sono “dati battaglia” su questo punto, con il perito nominato dal tribunale Peppino Nicolucci e prima di lui Stefano Ferraguti che avevano dichiarato l’operaio cassinate capace di intendere e di volere. E i consulenti della difesa, Vincenzo Mastronardi e Michele Di Nunzio, convinti esattamente del contrario e dell’amplificazione del disturbo borderline dopo l’assunzione di alcol.

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