Delitto di via Pascoli
12.12.2025 - 10:00
Un momento del sopralluogo della Scientifica sul luogo del delitto
Delitto di via Pascoli, ora si va in appello. Ad aver presentato istanza è stata la Procura di Cassino, che si è concentrata - dopo la sentenza di primo grado - sul riconoscimento delle aggravanti dei futili motivi e sulla capacità di intendere e volere di Sandro Di Carlo. Ma anche la difesa dell’operaio si è mossa puntando al riconoscimento della totale incapacità di intendere e volere.
La Corte presieduta dal dottor Marcopido aveva inoltre disposto - tra le altre cose - che la pena fosse espiata «in un istituto penitenziario dotato di una struttura per la tutela della salute mentale». Se Di Carlo dovesse risultare del tutto guarito e rispettoso delle prescrizioni, vista la detenzione già scontata, potrebbe poter beneficiare della semilibertà già nel 2030. Ovviamente sempre se l’istituto psichiatrico detentivo dovesse certificare la sua non pericolosità sociale. Al termine comunque della pena, Di Carlo sarà sottoposto alla misura della libertà vigilata per cinque anni, con l’affidamento all’autorità di pubblica sicurezza competente. Disposto anche il risarcimento delle parti civili (rappresentate dall’avvocato Marco Rossini): per la mamma e i bambini di Yirel (da liquidarsi in un separato giudizio) una provvisionale di 30.000 euro ciascuno, oltre al pagamento delle spese. E il risarcimento di 6.000 euro anche per “Insieme a Marianna”.
Nell’impugnazione la Procura di Cassino - nella persona del pm Alfredo Mattei - ha puntato (così come aveva fatto in sede di discussione) su due elementi chiave: il riconoscimento delle aggravanti dei futili motivi e quello della capacità di intendere e volere dell’imputato. Sarebbero due i periti che avrebbero ritenuto che l’imputato sia sì affetto da un disturbo borderline, ma senza che lo stesso abbia azzerato la capacità di intendere e volere: questo il punto cruciale in discussione. Stesso punto - sebbene ribaltato - che ha sostanziato l’appello proposto dalla difesa dell’imputato, rappresentato dagli avvocati Sandro Salera e Alfredo Germani. Come ribadito anche durante la discussione, per i due difensori la richiesta si è concentrata sul riconoscimento della totale infermità mentale. Anche il processo di appello si preannuncia complesso: ricordiamo che già in primo grado i professori nominati dalle parti si sono “dati battaglia” su questo punto, con il perito nominato dal tribunale Peppino Nicolucci e prima di lui Stefano Ferraguti che avevano dichiarato l’operaio cassinate capace di intendere e di volere. E i consulenti della difesa, Vincenzo Mastronardi e Michele Di Nunzio, convinti esattamente del contrario e dell’amplificazione del disturbo borderline dopo l’assunzione di alcol.
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