Arce
19.11.2025 - 08:34
La prima udienza del processo d’appello bis
Saranno rese note questa mattina le decisioni della Corte d’appello bis sulle richieste avanzate in aula lo scorso 22 ottobre a Roma nella prima udienza del nuovo processo d’appello del processo Mollicone, dopo che la Cassazione aveva annullato con rinvio l’assoluzione di secondo grado per Franco, Marco e Anna Maria Mottola (assolti anche in primo grado). Un’udienza molto attesa, a ventiquattro anni dalla morte di Serena.
Fondamentale, infatti, per la Procura generale e per le difese la questione legata all’ammissibilità o meno di alcuni testimoni, primo fra tutti il luogotenente Gabriele Tersigni, comandante del brigadiere Santino Tuzi, che avrebbe raccolto le sue confidenze dopo l’escussione in procura. Tuzi resta una delle figure preminenti nella vicenda giudiziaria dell’omicidio Mollicone: fu lui per primo a indicare nel 2008 la presenza di Serena in caserma. Poi la ritrattazione e la “ritrattazione della ritrattazione” in procura, prima di essere trovato senza vita in auto.
Il luogotenente Tersigni sarebbe da ascoltare, in questa fase, non come teste di pg «ma come amico di Tuzi», come emerso in aula il 22 ottobre scorso. Tra i testimoni proposti dalla Procura generale anche il maresciallo Evangelista sulla situazione vissuta in caserma e sugli atteggiamenti di Tuzi e Suprano. Per la Procura generale occorre focalizzare l’attenzione sull’attendibilità del brigadiere ma anche - elemento dirimente - sull’ingresso di Serena in caserma, dove avrebbe poi sbattuto la testa contro la porta che, per l’accusa, resta sempre l’arma del delitto. Fondamentale per i pg proprio la nuova perizia sul pugno del maresciallo Mottola, in relazione al buco sulla porta. Un buco, secondo quanto ammesso dallo stesso Mottola durante il processo di primo grado, creato da un pugno sferrato sulla porta dopo una discussione con il figlio.
Una richiesta avanzata il 22 ottobre scorso relativa alle modalità con cui il pugno sarebbe stato tirato. Chiesta, tra le altre cose, la produzione di una intercettazione ambientale e di una telefonica tra l’appuntato Venticinque e Da Fonseca, intercettazioni per le quali sarà necessario chiedere la trascrizione, visto che si tratta di registrazioni allora fatte su cassetta. E l’acquisizione di un video della trasmissione “Le Iene”. Le parti civili nella prima udienza del processo d’appello bis avevano sostenuto anche in aula l’impianto della Procura generale: Sandro Salera e Antonio Iafrate per Consuelo, sorella di Serena, Dario De Santis per Antonio Mollicone, lo zio, così come le altre parti civili rappresentate dagli avvocati Nardoni, Radice, Castellucci.
La difesa dei Mottola
Fermamente contrari alle richieste avanzate, invece, gli avvocati Piergiorgio Di Giuseppe, Enrico Meta, Francesco Germani, Fabio Quadrini - difensori dei Mottola - soprattutto sulla ammissibilità dell’escussione di Tersigni che ritengono proceduralmente errata. E sulla opportunità di riascoltare Carmine Belli. Per il pool difensivo, coordinato dal professor Carmelo Lavorino, ci sarebbero diversi motivi per dimostrare l’innocenza dei Mottola, riassumibili in 14 punti. «Siamo pronti ancora una volta a dimostrare l’innocenza dei Mottola e l’illogicità dell’impianto accusatorio: presenteremo ulteriori consulenze criminalistiche, forensi e investigative e dimostreremo per la terza volta la loro innocenza» ha commentato il professor Lavorino. «L’impianto accusatorio contro i Mottola è zeppo degli stessi errori basici commessi contro Carmine Belli» ha aggiunto. Uno dei punti proposti, il terzo, si focalizza sull’assenza di piste alternative, il quarto torna su un elemento cardine dell’accusa: la porta. La difesa contesta quindi fortemente la ricostruzione che porterebbe Serena in caserma.
E ancora la dinamica, secondo cui sarebbe stata sbattuta contro la porta: l’assenza di microtracce lignee sarebbe uno degli elementi più importanti per ribattere alle accuse. Ancora il “nodo Tuzi” e i nastri che avvolgevano Serena, su cui i frammenti isolati - come la vernice - non costituirebbero una prova dirimente ma «solo un elemento di compatibilità». Tra le tesi portate avanti dal pool dei Mottola l’assenza di sangue sui vestiti di Serena, l’assenza del depistaggio fatto da Mottola e la collocazione temporale dello spostamento del corpo. Ancora le presunte incongruenze negli orari e nei tabulati e quella che la difesa dei Mottola definisce la “pressione” dell’opinione pubblica.
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