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Frosinone

Monti Lepini, via la stangata

In appello revocata la condanna a versare 1.390.733 euro alla Delta Lavori per anomalo andamento dell’appalto. Tuttavia resta per l’ente l’obbligo a versare alla ditta quasi 890.000 euro per le opere eseguite e non saldate

Monti Lepini, via la stangata

Contenzioso sui lavori della Monti Lepini, la Corte d’appello accoglie, in parte, il ricorso del Comune di Frosinone.
La seconda sezione civile del tribunale di Roma, in parziale riforma della sentenza emessa dal tribunale di Roma, sezione specializzata in materia d’impresa (a dicembre 2022), ha accolto il ricorso del Comune con riferimento «alla dichiarazione di illegittimità della risoluzione del contratto di appalto», decisa nel 2016 dall’ente, «nonché con riguardo alla dichiarazione di risoluzione per colpa» del Comune che aveva determinato l’«ammissibilità della domanda di risarcimento del danno da anomalo andamento dell’appalto». Per cui, in soldoni, «deve essere revocata - scrivono i giudici - la statuizione del giudice di primo grado con cui “accerta e dichiara l’illegittimità della risoluzione del contratto di appalto...”; la statuizione del giudice di primo grado con cui dichiara la risoluzione» del contratto «per inadempimento del Comune». Dichiarata «inammissibile la condanna al risarcimento del danno da anomalo andamento dell’appalto per il periodo successivo al 24 ottobre 2013». Revocata la condanna del Comune a pagare alla Delta Lavori «la somma di 1.390.733,70 euro a titolo di risarcimento da anomalo andamento» più interessi legali e rivalutazione monetaria.

Al tempo stesso la Corte d’appello ha condannato il Comune di Frosinone a versare alla Delta Lavori 463.606 euro oltre Iva quale corrispettivo per i lavori eseguiti contabilizzati nel Sal n.4» oltre interessi e 423.716,12 euro oltre Iva «quale corrispettivo per i lavori eseguiti dal 25 marzo 2014 al 30 settembre 2014 oltre interessi». Condanna alle spese per il Comune. Resta in piedi tra le parti un secondo giudizio d’appello (vedi altro servizio). Il Comune di Frosinone lamentava la nullità del contratto di appalto “per violazione di norme imperative di rilevanza penale”. In pratica il Comune si è rifatto al procedimento penale, incardinato davanti al tribunale di Frosinone, concluso con sentenza di prescrizione con riguardo agli imputati persone fisiche e con condanna della Delta Lavori alla pena pecuniaria di 300.000 euro per «responsabilità amministrativa da reato di corruzione aggravata in concorso». Questa seconda sentenza (appellata), precisa la Corte «non è stata però prodotta» e, quindi, non ha nel giudizio «un valore indiziario». Quanto, invece, alla sentenza di prescrizione, i giudici evidenziano: «non contiene alcun accertamento della sussistenza delle condotte illecite contestate agli imputati, e non si vede allora come possa... spiegare effetti ai fini civili».
La Corte precisa che «anche qualora si volesse ritenere - come fa l’Amministrazione comunale appellante - provata l’esistenza di un accordo corruttivo tra il legale rappresentante della società e l’allora sindaco di Frosinone nonché di funzionari di tale amministrazione, questo non determinerebbe la nullità del contratto». La Corte ricorda che il Comune, venuto a conoscenza del procedimento penale, «non ha messo in discussione la prosecuzione del rapporto contrattuale» e non ha ritenuto di risolvere il contratto. Ciò è avvenuto - argomentano i magistrati - «in quanto l’amministrazione comunale ha ritenuto che vi fosse un interesse pubblico al completamento dei lavori».

Respinta anche la richiesta del Comune di dichiarare nullo il contratto di appalto per la mancanza di copertura finanziaria. I giudici poi riconoscono all’azienda il diritto a percepire gli importi per i lavori eseguiti per circa 890.000 euro. Ritenendo che su questo punto la sentenza «non merita riforma». Sull’anomalo andamento del contratto, per i giudici sono fondate le pretese del Comune con riferimento alla tardività della riserva iscritta dall’appaltatrice. Dopo la consegna parziale dei lavori il 30 maggio 2011 è «sorto l’onere» di sollevare la questione dell’«anomalo andamento dei lavori» perché «in quell’occasione l’impresa ebbe (o, comunque, poteva avere) piena contezza dell’insorgenza dell’evento dannoso». Una riserva da ritenere «come non apposta proprio in quanto non quantificata nei quindici giorni successivi». E ciò fa venir meno il ristoro del danno da 1.390.733,70 euro avanzato dalla Delta Lavori. Il giudice di primo grado aveva contestato al Comune l’anomalo andamento dell’appalto, ritenendo imputabile alla stazione appaltante la risoluzione del contratto. La questione ruota sul sottopasso di Madonna della Neve, non più realizzato. Tuttavia, a opinione dei giudici d’appello, «si deve escludere la rilevanza» sull’anomalo andamento dell’appalto «della mancata realizzazione del sottopasso».

L’appalto - ricordano i giudici - prevedeva «l’adeguamento in totale di 3.708,80 metri lineari di strada», di cui 366,50 metri di sottopasso. I giudici, discostandosi dalla sentenza di primo grado, rilevano che «la condotta inadempiente» contestata alla società è «di non aver provveduto a completare l’opera - quindi i lavori consegnati, e non il sottopasso di Madonna della neve, pure messo a gara - “per sua libera scelta e suo preciso calcolo, considerato il giudizio in corso”». I giudici d’appello notano che «nell’ambito di una valutazione dei reciproci inadempimenti delle parti (non effettuata dal tribunale di Roma), quello dell’appaltatrice... assume rilevanza prevalente rispetto ai dedotti inadempimenti della stazione appaltante». Quindi, «non può essere condivisa la decisione di primo grado laddove ha accolto la domanda di accertamento dell’illegittimità della risoluzione disposta dal Comune di Frosinone del contratto». Ciò perché «la condotta contestata all’appaltatrice, e posta alla base della risoluzione» è «tale da fondare senz’altro» la risoluzione «e, soprattutto, assorbente rispetto a qualsiasi altra eventuale condotta inadempiente della stazione appaltante». Non è sostenibile, «che la sospensione dei lavori da parte dell’appaltatrice sia conseguenza delle condotte inadempienti dell’amministrazione comunale».

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