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Frosinone

Droga nascosta nella lavanderia del carcere

La polizia penitenziaria ha rinvenuto diversi panetti di hashish per un peso complessivo di quasi 3 chili. La denuncia del Sappe

carcere frosinone

La casa circondariale di Frosinone

Hanno tentato di spacciare droga nella Casa circondariale di Frosinone ma grazie all'intervento tempestivo del personale di Polizia Penitenziaria la sostanza stupefacente è stata intercettata e sequestrata. A darne notizia è il sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria. «Ieri mattina, durante la perquisizione ordinaria, sono stati rinvenuti diversi panetti di hashish per un peso complessivo di quasi 3 chili nascosti nella lavanderia di una Sezione detentiva», denuncia Salvatore Izzo, segretario provinciale del Sappe.
«I detenuti avevano occultato la sostanza stupefacente in una intercapedine del muro dove passano i tubi dell'acqua, smontando il coperchio che copriva la centralina idraulica e scavando all'interno per aumentarne lo spazio. Inoltre, è stato rinvenuto uno smartphone di ultima generazione all'interno di una cella, nascosto dietro uno specchietto che, anche se a prima vista potesse sembrare perfettamente incollato al muro, nascondeva, anche questa volta, una nicchia scavata ad arte per contenere alla perfezionamento il costoso dispositivo»conclude il sindacalista.
«Ogni giorno - commenta Donato Capece, segretario generale del Sappe - la Polizia Penitenziaria porta avanti una battaglia silenziosa per evitare che dentro le carceri italiane, per adulti e minori, si diffonda uno spaccio sempre più capillare e drammatico, stante anche l’alto numero di tossicodipendenti tra i detenuti. Questo fa comprendere come l’attività di intelligence e di controllo del carcere da parte dei Baschi Azzurri della Penitenziaria diviene fondamentale. E deve convincere sempre più sull’importanza da dedicare all’aggiornamento professionale dei poliziotti penitenziari, come ad esempio le attività finalizzate a prevenire i tentativi di introduzione di droga in carcere, proprio in materia di contrasto all’uso ed al commercio di stupefacenti”
Capece torna a sottolineare le criticità detentive connesse all’alto numero di presenze di tossicodipendenti tra di detenuti: «Noi con il metadone non risolviamo il problema, ma dobbiamo portare questi ragazzi nelle comunità terapeutiche, anche perché ci costano di meno. Un detenuto in carcere costa mediamente 200 euro mentre in una comunità terapeutica da 50 a 80 euro. Così non solo risparmiamo, ma tra quelle persone qualcuno riusciamo a salvarlo e quando ci riusciamo non abbiamo salvato solo i ragazzi ma anche le famiglie, perché la tossicodipendenza non è un problema legato solo ai ragazzi ma è un problema di tutte le famiglie. E allora che senso ha tenerli in carcere?  Basterebbe anche replicare l’esperienza del carcere di Rimini, dove, oltre 20 anni fa, fu istituita una piccola sezione, con 16 posti, nella quale accedono quei detenuti che sottoscrivono un programma con l’amministrazione, impegnandosi a studiare, lavorare, non assumere più sostanze alternative come il metadone, e dopo un certo periodo di tempo, 6 mesi, un anno, vanno in comunità e vengono tutti recuperati. Risolveremmo in parte anche il problema del sovraffollamento». 
Il segretario generale del Sappe, infine, evidenzia il ruolo centrale della Polizia Penitenziaria come parte integrante del sistema sicurezza della Nazione, specie nell’ambito dell’esecuzione penale e penitenziaria per minori: «Sicurezza e diritti sono un binomio inscindibile anche quando si affronta la complessa realtà del sistema penitenziario, perché, salvi i casi più gravi, la doverosa esecuzione della pena deve costituire il presupposto per il ritorno alla vitacivile del detenuto. Stare vicini alle donne ed agli uomini della Polizia Penitenziaria vuol dire condividere il delicato ruolo istituzionale che a loro affida lo Stato».

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