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Cassino

Bunker, indagine aperta

Ricerche partire da camion bianchi senza scritte e diretti da tutta Italia nel Cassinate, area strategica. La Gdf di Ancona ha rinvenuto una fabbrica clandestina di sigarette: si studiano le ramificazioni

Scoperto un bunker che nasconde la più grande fabbrica illegale di sigarette

Sono stati i camion bianchi, apparentemente anonimi e privi di qualsiasi segno distintivo, a insospettire la Guardia di Finanza di Ancona. Quei mezzi, che percorrevano abitualmente l’autostrada attraversando l’Italia da nord a sud, erano accomunati da un dettaglio tutt’altro che trascurabile: le targhe risultavano intestate a soggetti diversi dai conducenti. Un’anomalia che ha dato il via a un’indagine lunga e articolata, durata oltre sei mesi, e che ha portato alla scoperta di quella che è, ad oggi, la più imponente fabbrica clandestina di sigarette della storia del contrabbando. Il fulcro operativo di questa vasta rete illecita è stato individuato a Villa Santa Lucia, in una zona apparentemente anonima, quasi “neutra”, caratterizzata da una strada chiusa e da una piccola rotatoria utile soltanto a invertire la marcia. Un’area volutamente isolata, distante dai riflettori e dai circuiti tradizionali della criminalità organizzata, ma al tempo stesso baricentrica e strategicamente perfetta: nel cuore dell’Italia, facilmente raggiungibile grazie al vicino casello autostradale e ben collegata alle principali arterie viarie nazionali.

Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, il sito era stato adibito a un sofisticato impianto di produzione industriale, capace di sfornare fino a 2,7 miliardi di sigarette all’anno, pari a oltre 7,2 milioni al giorno. Il tabacco grezzo giungeva in loco attraverso i camion bianchi, veniva lavorato e confezionato in sigarette pronte per essere smistate sia sul territorio nazionale sia oltre i confini italiani. La zona del Cassinate, storicamente estranea alle più grandi dinamiche della criminalità organizzata, era stata scelta proprio per questa sua “tranquillità apparente”, che avrebbe potuto garantire un’operatività discreta e lontana dai sospetti delle forze dell’ordine. Eppure, qualcosa non è passato inosservato. Ora le indagini si concentrano sulla mappa delle ramificazioni criminali: chi gestiva il trasporto, chi curava lo smistamento, chi apriva i locali e le coperture logistiche.

Tra i soggetti coinvolti un arrestato di origini campane e diversi denunciati di varie regioni ma gli inquirenti ritengono che la rete sia ben più estesa e complessa, con livelli gerarchici ancora da decifrare. Una vicenda che conferma come anche i territori ritenuti “periferici” possano diventare snodi centrali per le economie criminali, proprio in virtù della loro posizione geografica. Il Cassinate, da “tranquilla” area di passaggiosi stava trasformando nel cuore pulsante di un colossale traffico illecito internazionale. Gli accertamenti svolti dalla Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Ancona hanno permesso di individuare un apparente deposito di logistica di oltre 3.200 metri quadrati che in realtà celava un vero e proprio opificio industriale, frutto della fusione tra tecnologia ed edilizia agreste. A colpo d’occhio, infatti, una volta entrati non c’era la “vitalità” solita di questi luoghi come una segretaria, una connessione internet, fatture, documenti di trasporto: nulla!

Al momento dell’accesso dei militari del Gruppo di Ancona, infatti, il capannone appariva pressoché vuoto ma un telecomando, abilmente occultato in uno scatolone, ha svelato l’inganno: azionando una combinazione di quattro tasti, veniva attivato un sistema idraulico che sollevava una struttura in alluminio, celando l’ingresso a un vero e proprio bunker sotterraneo, perfettamente simmetrico rispetto al piano di superficie. Attraverso un montacarichi si accedeva a un complesso sistema di corridoi, gallerie interconnesse, impianti di areazione e spazi destinati agli operai, tra cui alloggi con 18 posti letto, cucine, bagni, docce e un’officina per la manutenzione dei macchinari. Dai documenti rinvenuti, gli operai, ancora da identificare in maniera completa, arrivavano anche dal sud America.

Nel bunker operavano tre linee produttive altamente tecnologiche, capaci di realizzare fino a 5.000 sigarette al minuto, oltre 7,2 milioni di unità al giorno, per un valore annuo stimato di circa 900 milioni di euro. Durante l’irruzione, sono state sequestrate oltre 150 tonnellate di sigarette di contrabbando, pronte per l’immissione sul mercato nazionale ed europeo, con marchi noti come Marlboro, Camel, Winston, Jps, Benson & Hedges e altri, insieme a 170 tonnellate di precursori: 12 milioni di cartoncini contraffatti, 15 milioni di filtri, 20 milioni di fogli laminati, bobine e materiali per il confezionamento. Il valore dell’intero impianto, costruito secondo standard tecnologici d’avanguardia, è stato stimato in oltre 1,75 milioni di euro.

Complessivamente, sono stati sottoposti a sequestro beni per oltre 53 milioni di euro, tra cui il capannone industriale, mezzi di trasporto (4 autoarticolati e 2 autovetture), e l’intero stock di sigarette e materiali illeciti. Un colpo durissimo a un’organizzazione criminale strutturata e radicata, che aveva trovato nel territorio del Cassinate una base operativa discreta, funzionale e strategicamente perfetta per una rete di contrabbando su scala internazionale. Con un’indagine, coordinata dalla procura di Cassino, che resta - chiaramente - ancora aperta.

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