Pontecorvo
20.09.2025 - 08:00
Un momento dei sopralluoghi dopo il delitto
La serata trascorsa in compagnia, poi la birra bevuta insieme agli amici, infine la discussione in quell’appartamento in via San Giovanni Battista. E, fuori, la violenza. Fino all’arrivo dei soccorritori, quando per Mourad El Guerouani purtroppo non c’era più nulla da fare. A parlare ieri in aula è stato uno dei giovani che lo scorso 5 agosto del 2024 avrebbe trascorso la serata sia con Mourad El Guerouani, 24 anni di origini marocchine, sia con Mehdi El Boukhani, il trentacinquenne accusato della morte del suo connazionale. A suo carico l’accusa di omicidio volontario nei confronti di Mourad, classe 2000, colpito in strada all’addome da un fendente risultato fatale. Una violenza nata, secondo una prima ricostruzione dei fatti affidata ai carabinieri, dopo una serata trascorsa con alcuni amici, stranieri e pontecorvesi.
Per Mehdi l’avvocato Walter Terenzio (subentrato alla precedente difesa) aveva chiesto un rito abbreviato. E ieri ha depositato una dettagliata memoria difensiva di diverse pagine, in cui ha evidenziato quelle che per la difesa rappresentano lacune importanti nella ricostruzione, insieme a elementi ritenuti contraddittori nonché quelli che non sarebbero stati valutati. Nella precedete udienza l’imputato in aula aveva ricostruito la serata, rispondendo a tutte le domande. Un racconto che avrebbe posto in evidenza elementi importanti, oggetto di approfondimento, ora al vaglio del giudice. Ancora molti i coni d’ombra sul delitto: ignote le cause del fatto, così come non è chiara la ricostruzione, con alcune discordanze (rilevate già nelle prime fasi) che restano da chiarire.
Ieri a parlare uno dei giovani pontecorvesi presenti in quella abitazione. Il teste avrebbe raccontato di come aveva trascorso la serata prima di raggiungere l’abitazione di via San Giovanni: una birra, una passeggiata. L’idea di bere ancora qualcosa in un’abitazione, a casa di altri conoscenti. Poi avrebbe ricostruito la discussione tra i due marocchini, per una lite - avrebbe ricostruito - avvenuta con un altro connazionale. Quindi uno schiaffo volato tra le parole pronunciate in arabo, prima di lasciare l’abitazione. Il teste avrebbe riferito ancora che, una volta fuori, avrebbe sentito un rumore simile a uno schiaffo: questo l’inizio - in base al racconto - di momenti concitati: i presenti avrebbero pensato alla prosecuzione della lite. Mentre l’imputato era già in auto, il teste avrebbe raggiunto il ventiquattrenne, che si sarebbe tolto la maglia. Con quella stessa maglia il ragazzo - guidato dai soccorsi telefonicamente - avrebbe provato a tamponare la ferita. Dieci minuti di terrore. Quindi l’arrivo di un residente (che era medico), di un minore - presente con la sua fidanzata a pochi metri - di carabinieri, 118 e cittadini. Ma per il ventiquattrenne era tutto inutile. L’imputato, presente in aula, avrebbe rigettato con forza ogni accusa, acconsentendo senza esitazioni a essere ascoltato in contraddittorio con il teste. Avrebbe risposto con calma e fermezza, rigettando ogni accusa. Negando la lite. E ribadendo senza esitazione - come detto in sede di interrogatorio e anche nella scorsa udienza - di non aver accoltellato il ventiquattrenne, non ritenendo corretta la ricostruzione portata in aula dal teste. L’udienza è stata aggiornata a venerdì 26 settembre per la discussione.
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