Anagni
28.08.2025 - 13:00
La ex Videocolor di Anagni
Ha respirato amianto per quasi trent’anni senza saperlo. Oggi, a 56 anni, provata da una grave pneumopatia interstiziale, M.R., ex operaia della storica Videocolor di Anagni (ex Vdc Technologies Spa) ha finalmente ottenuto giustizia. Dopo il primo grado di giudizio celebrato al tribunale di Frosinone con la condanna dell’Inail a indennizzare il danno biologico per la malattia professionale, la Corte d’appello di Roma ha ora condannato l’Inps a riconoscerle le maggiorazioni contributive per la lunga esposizione alla sostanza cancerogena e alla ricostituzione della posizione contributiva per il periodo di lavoro che va dal 1979 al 2006.
La Vdc Technologies Spa produceva componenti elettronici, in particolare cinescopi per televisori a colori. Per la donna, che era impiegata tra il reparto pedana, la sala maschere e il reparto vuoto, l’esposizione all’amianto era inevitabile: i macchinari, i forni per i cinescopi, le vasche e i ventilatori erano infatti rivestiti di pannelli e coibentazioni contenenti questa sostanza, detta anche asbesto. Nel 2015 la donna ha accusato i primi sintomi: tosse, fiato corto, dispnea. La diagnosi è arrivata poco dopo con un verdetto che non lascia scampo: malattia professionale asbesto-correlata. La sentenza riconosce non solo la malattia: la donna, già in pensione da quattro anni, sarà indennizzata con circa 20.000 euro di arretrati e un aumento mensile sulla pensione di circa 500 euro.
«Questa vittoria è un altro tassello che si aggiunge alla battaglia per i lavoratori invisibili - commenta in una nota l’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio nazionale amianto (Ona) - Parlo di tutti coloro che hanno respirato per decenni la fibra killer, spesso ignari e nel silenzio delle istituzioni». Quello della cinquantaseienne non è un caso isolato: la Videocolor di Anagni è già stata al centro di altre vicende simili con ex operai che hanno ottenuto il riconoscimento dei danni per malattie asbesto-correlate. «Quella di M.R. è una storia di dolore e resistenza - aggiunge l’Ona - ma anche di dignità ritrovata: un esempio di come, nonostante i ritardi e le omissioni, la giustizia possa dare voce a chi ha pagato con la salute il prezzo del lavoro».
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