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Anagni

Tanti cinghiali e poco bestiame. Aziende in crisi

Il foraggio piantato per evitare gli assalti degli animali selvatici non si vende. Savone, presidente di Coldiretti: attaccano tutti i raccolti, non possiamo coltivare grano, orzo, avena e girasoli

Tanti cinghiali e poco bestiame. Aziende in crisi

Coltivazione di foraggio per supplire alla mancata rotazione dei terreni destinati al frumento, iper produzione di un prodotto lasciato spesso sui campi a deteriorarsi e marcire. È quanto sta accadendo da quando le scorrerie dei cinghiali, in numero abnorme ed in continua irresistibile ascesa, si registrano ormai dappertutto. Il desolante spettacolo di balle e balloni lasciati in balia delle intemperie, ridotti a flaccidi monticelli di paglia marcia, è ormai consueto. Lo si nota transitando sulle strade più frequentate, anche lungo la via Casilina e sull’autostrada. Il progressivo quanto inarrestabile abbandono delle campagne, favorito dall’avvento del fotovoltaico e di altre iniziative ben più remunerative per i proprietari dei terreni agricoli, ha raggiunto ormai livelli molto elevati; e questo nonostante la nascita di alcune apprezzate attività agricole e di allevamento, ben gestite da giovani desiderosi di perpetuare l’esperienza dei genitori.

Non è raro vedere decine se non centinaia di balloni accatastati, invecchiati e facile esca per i piromani le cui menti distorte vengono attratte dall’invitante occasione. Abbiamo chiesto a Vinicio Savone, presidente provinciale di Coldiretti, organizzazione che raccoglie circa seimila aziende del settore, il perché di questo aumento di produzione di foraggio, a fronte del ridotto numero di capi di bestiame da nutrire.

«Oltre che per l’esiguità dei capi di bestiame - spiega il presidente Savone - c’è anche il fatto che non ci sono alternative per produrre altre colture; ormai il territorio è invaso dai cinghiali, che attaccano tutti i raccolti. Non possiamo più coltivare grano, orzo, avena; addirittura anche i girasoli vengono danneggiati». Diretta conseguenza: «Questo non va bene, perché è diventato difficile fare la giusta rotazione dei terreni». E allargando le braccia aggiunge: «Quindi ci riduciamo a mettere foraggio per gli animali, che sono sempre meno». A tutto questo, per chi si arrende dopo aver cercato soluzioni al momento impraticabili: «L’alternativa, oggi, è quella di lasciare i terreni incolti, con rischi ancora maggiori per gli incendi».

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