Frosinone
15.04.2025 - 13:00
L’inchiesta è stata condotta dai carabinieri del Ros
Condannato in primo e secondo grado per terrorismo ed espulso dall’Italia, il Tar dichiara improcedibile il ricorso contro il primo provvedimento di espulsione. È la storia di un “jihadista della penna”, egiziano residente a Colleferro, condannato dalla Corte d’assise di Frosinone a sei anni per associazione terroristica, condanna ridotta a tre anni e mezzo dalla Corte d’appello.
A seguito dell’attività investigativa dei carabinieri del Ros di Roma e Genova - ricordano i giudici del Tar di Roma - l’uomo subiva un primo provvedimento di espulsione. Era emerso - si legge nella sentenza - che «è molto attivo sul web, dove pubblica e condivide commenti di esaltazione del jihad armato e del martirio quali strumenti per stabilire la supremazia dell’Islam, arrivando a giustificare lo spargimento del sangue dei miscredenti per imporre la sharia nel mondo”» e che «si era “evidenziato per la pubblicazione di messaggi giustificativi dell’attentato commesso nel gennaio del 2015 contro il noto giornale satirico francese “Charlie Hebdo”».
L’espulsione era notificata dalla questura di Genova nel settembre del 2021 mentre l’egiziano veniva accompagnato nel centro di permanenza per i rimpatri di Gradisca d’Isonzo. Lo stesso presentava richiesta di protezione internazionale al punto che la commissione territoriale di Trieste sospendeva la decisione in attesa dei necessari approfondimenti, e ricorso al Tar. In particolare l’uomo sosteneva «il rischio di essere sottoposto coi suoi familiari nel paese d’origine a torture» e lamentava «la mancanza di elementi concreti idonei a configurare la sua pericolosità per lo Stato italiano».
Il Tar sospendeva l’efficacia dell’espulsione in attesa della decisione sulla protezione internazionale. Poi, negata la protezione internazionale, veniva disposta un’ulteriore sospensione in attesa della pronuncia sulla protezione speciale. Con un’altra ordinanza il Tar, seguito dell’arresto per terrorismo, dichiarava improcedibile l’istanza cautelare. Poi, in vista dell’udienza per la trattazione del caso, il ministero dell’Interno depositata un rapporto aggiornato. Da qui emergeva che, dopo l’espulsione, l’uomo «era stato indagato, arrestato... e poi condannato in primo grado nel 2024 dalla Corte d’assise di Frosinone (per il reato di associazione con finalità di terrorismo internazionale, ritenendo assorbita in questa accusa quella di addestramento, ndr) e in appello nello stesso anno dalla Corte d’assise di Roma, con pena definitiva di tre anni e mezzo, attualmente scontata ai domiciliari presso la casa del fratello».
A fine 2023, dopo l’arresto dell’egiziano erano arrivati la revoca del permesso di protezione speciale e una nuova espulsione. Pertanto, il ricorso è stato ritenuto improcedibile in quanto «l’originario provvedimento espulsivo e le condizioni oggettive e soggettive entro le quali era maturato risultano ormai superati dagli eventi successivi». Cioè, il «sospetto di coinvolgimento in attività terroristiche, che nel provvedimento impugnato si fondava su soli rilievi investigativi, si è consolidato... con la condanna in corte d’assise, in primo grado e in appello». Essendo stato emanato un nuovo decreto di espulsione il 18 dicembre 2023, dall’annullamento della vecchia espulsione l’egiziano non avrebbe «alcuna utilità».
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