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L'inchiesta

Tangenti a Ceccano, c’è chi parla

Ieri gli indagati interrogati hanno scelto di rispondere alle domande di giudice e pm. E fornire la loro versione. Dopo l’arresto del sindaco Caligiore e le dimissioni di massa la prefettura ha nominato commissario Fabio Giombini

polizia ceccano

Inchiesta sulla corruzione a Ceccano, dopo una prima tranche di interrogatori caratterizzata dalle scene mute, ieri, invece, gli indagati sentiti da giudice e pm hanno deciso di parlare. E fornire la propria versione dei fatti. Hanno fatto così gli imprenditori ceccanesi Danilo e Massimo Rinaldi così come il membro del cda della cooperativa sociale Antera Vincenzo D’Onofrio e il geometra dell’ufficio tecnico Camilo Ciotoli. Danilo Rinaldi, agli arresti domiciliari da giovedì, come l’ormai ex sindaco Roberto Caligiore e altre sette persone, ha rappresentato la sua versione rispetto all’accusa di corruzione, che gli viene mossa. Difeso dall’avvocato Giampiero Vellucci, ha risposto alle domande del gip Ida Logoluso e del pm Alberto Pioletti, collegato anche ieri in videoconferenza, a dimostrazione di come la procura europea segua da vicino il caso. Ha sostenuto di non sapere nulla della cartellina rossa, che avrebbe contenuto, secondo l’accusa, la tangente da 14.000 euro. Ha spiegato di aver lavorato per il Comune, con le sue imprese, con affidamenti diretti o in subappalto da altre ditte. Ha descritto, peraltro, un rapporto contrastato con l’amministrazione, definito non molto conveniente anche per le continue richieste di interventi, anche fuori capitolato, che avrebbe ricevuto.

È durato invece quasi un’ora l’interrogatorio di Vincenzo D’Onofrio, anch’egli ai domiciliari, e chiamato in causa da procura europea e squadra mobile, sempre per corruzione, per la parte sull’affidamento all’Antea dei servizi di accoglienza per i richiedenti asilo e i beneficiari di protezione internazionale nel triennio 2021/2023. D’Onofrio, difeso dagli avvocati Vittorio Vitali e Dario Lolli, ha ricostruito i vari passaggi respingendo le accuse. Rispondendo alle domande di gip e pm, ha ricostruito i rapporti con Stefano Anniballi, definita una figura dominante all’interno degli ufficiali comunali ceccanesi, l’unico, tra gli arrestati, insieme al sindaco Roberto Caligiore che ha detto di conoscere. Al termine dell’interrogatorio, i difensori hanno chiesto la revoca della misura. Il pm si è riservato.

L’altro ai domiciliari interrogato ieri, è stato il geometra dell’ufficio tecnico di Ceccano Camillo Ciotoli, difeso dall’avvocato Antonio Perlini. Anch’egli ha inteso fornire la propria versione dei fatti rispetto alle accuse che nei suoi confronti sono anche di associazione a delinquere oltre che di corruzione. Infine, oltre mezz’ora di interrogatorio per uno dei tre destinatari del provvedimento interdittivo di esercitare impresa, Massimo Rinaldi, fratello di Danilo. L’uomo, assistito dall’avvocato Nicola Ottaviani, ha spiegato di non essere a conoscenza di tangenti per i lavori a Ceccano, anche con riferimento alla busta rossa, quella con i 14.000 euro, per la quale è accusato della consegna al geometra Ciotoli. E ha ribadito di aver sempre lavorato correttamente e di non aver pagato per farlo.

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