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Il caso

Rifiuti, una condanna e tante incognite. Il rebus della discarica

Perché e come la sentenza di condanna di Valter Lozza può avere effetti sul piano del confronto e delle scelte politiche. Intanto in questi anni lo smaltimento dell’immondizia fuori provincia ha determinato una stangata per Saf, Comuni e cittadini

discarica roccasecca

Un’immagine della discarica di Roccasecca

E adesso che succede? Il riferimento è al ciclo dei rifiuti in provincia di Frosinone. Non perché ci sia un nesso diretto (e men che meno giuridico), ma la condanna in primo grado dell’imprenditore Valter Lozza è destinata ad avere effetti sul piano del confronto e dell’opportunità politica. Ma pure sulle strategie, sulle dinamiche e sulle decisioni relative a scenari che erano stati ipotizzati nei mesi scorsi. La seconda sezione del tribunale collegiale di Roma, nel processo per le discariche ha condannato per corruzione l’imprenditore Valter Lozza e l’ex dirigente della direzione Ambiente e ciclo dei rifiuti della Regione Lazio Flaminia Tosini: sei anni di reclusione. Per entrambi la pena prevede anche l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Assoluzione invece per l’altro reato contestato, quello di turbativa d’asta. È il primo grado di giudizio.

Dicevamo dei possibili effetti sul ciclo dei rifiuti in Ciociaria. Sono passati tre anni da quando la discarica di Roccasecca, gestita dalla Mad dell’imprenditore Lozza, è chiusa. Dopo l’esaurimento del IV bacino. E dopo la rinuncia della stessa Mad all’autorizzazione integrata ambientale rilasciata dalla Regione Lazio (presidente Nicola Zingaretti) per la realizzazione del quinto invaso. Quinto invaso non completato e soprattutto mai attivato.

Questo ha comportato, a partire dall’aprile 2021, che la provincia di Frosinone non è nelle condizioni di poter chiudere il ciclo dei rifiuti nel proprio territorio. Non solo: da allora le 200/230 tonnellate di rifiuti prodotte quotidianamente in Ciociaria vengono smaltite fuori dall’Ambito Territoriale Ottimale di appartenenza. Per un certo periodo a Viterbo, poi altrove. Perché l’immondizia della Ciociaria ha preso e prende strade diverse per lo smaltimento: dalla Lombardia (Brescia e Bergamo) alla Toscana, dal Veneto all’Abruzzo. E anche l’Austria. Ma non si tratta di un’operazione a costi invariati. Anzi, il conto è salatissimo. In questi anni la tariffa di accesso all’impianto Tmb Saf di Colfelice è inevitabilmente cresciuta: da 138,68 euro a tonnellata a 161,47 e poi a 204,72. La Regione Lazio, già nel febbraio 2023, ha approvato una determinazione per “l’aggiornamento a consuntivo della tariffa di accesso a Colfelice”.

Insomma, un conguaglio che la Saf ha quantificato in 14 milioni di euro, relativo al periodo 2019-2022. Dovranno pagarlo i Comuni, che poi sono i soci della Saf. Ma il passaggio successivo sarà quello della stangata per cittadini, famiglie e imprese, perché i costi finiranno direttamente nella Tari. Gli extracosti sono relativi alle spese per lo smaltimento fuori provincia (e regione) dei rifiuti prodotti nel territorio. È di tutta evidenza che ci saranno altri conguagli e ulteriori stangate, perché dal 2022 ad oggi la situazione non è cambiata. E bisogna dire a voce alta che questa situazione affonda le radici nella mancanza di una discarica operativa nel territorio.

L’ipotesi di una riapertura del sito di Roccasecca è sempre stata sul tavolo in questi anni. Nel marzo scorso il presidente della Regione Lazio Francesco Rocca ha detto: «Non c’è nulla di deciso, ma una cosa deve essere chiara: ogni provincia deve trovare il suo sito per la gestione dei rifiuti. Mi aspetto che i sindaci mi diano delle soluzioni prima dell’estate. Altrimenti deciderà la Regione in autonomia. Roccasecca? È uno dei luoghi sul tappeto, ma ci sono delle valutazioni in corso». La Provincia deve in effetti individuare una rosa di siti potenzialmente idonei entro l’estate. Ma non nascondiamoci dietro un dito: i tempi della scelta e di un’eventuale attivazione saranno comunque lunghi. Senza considerare la complessità dell’iter. La discarica di Roccasecca, invece, ha già l’autorizzazione integrata ambientale. Il quinto invaso si può completare e attivare. Non c’è stata la volontà della Mad.

Si tratta di capire adesso quali saranno le valutazioni politiche, della Regione ma anche della Saf. Perché se davvero si vuole tornare al raggiungimento dell’autosufficienza impiantistica in ciascuna provincia, allora la questione della discarica è nodale. In questi anni si è parlato altresì di ipotesi di commissariamento. È evidente che dovrebbero ricorrere i presupposti previsti dalla legge e che nel caso di requisizione dei terreni bisognerebbe corrispondere delle indennità al privato proprietario.

Però sicuramente sul tavolo del dibattito politico non può mancare la considerazione che i costi si sono moltiplicati in progressione geometrica. Per la Saf, per i Comuni, per i cittadini. E continueranno a salire. Tutto questo per la mancanza di una discarica attiva nel territorio. Ma anche per una politica incapace di prendere decisioni, di assumersi responsabilità e di avere una visione prospettica in grado di cambiare le cose.

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