Il processo
04.05.2024 - 13:00
La Corte d’assise chiamata a giudicare Roberto e Mattia Toson per l’omicidio di Thomas Bricca
Mattia Toson un tiratore esperto, capace di sparare anche quattro colpi in quattro secondi. È quanto riferisce in aula un istruttore di tiro militare dei carabinieri, sentito come testimone dalla Corte d’assise (presidente il giudice Francesco Mancini, a latere l’altro magistrato Marta Tamburro) nel processo per l’omicidio di Thomas Bricca, avvenuto il 30 gennaio 2023 ad Alatri in via Liberio. Sotto accusa per omicidio volontario ci sono Roberto e Mattia Toson, 48 e 22 anni per la prima volta presenti all’udienza, ma in video-collegamento dal carcere.
Il primo teste sentito dal pubblico ministero Rossella Ricca è il luogotenente Gianluca Marchetti del Nucleo investigativo dei carabinieri di Frosinone, istruttore di tiro militare. Dopo aver spiegato che il proiettile non ha incontrato deviazioni fino al bersaglio, il militare dell’Arma dice di aver individuato due possibili traiettorie di tiro a una distanza tra i 17 e i 22 metri. Ribadisce che l’unica ogiva è quella ritrovata dal Ris sopra una pensilina, alle spalle di dove era posizionato Thomas.
La deposizione entra nel vivo quando il luogotenente passa all’analisi dei video del poligono di Veroli dove Mattia si esercitava. In aula sono mostrati alcuni video, tra cui quello del 28 gennaio 2023, ovvero due giorni prima dell’omicidio. Il carabiniere afferma che Mattia, al poligono, «usava un’arma lunga e una corta» e «si addestrava con la pistola». Quanto alle distanze di tiro, secondo il teste l’imputato «colpiva da un minimo di 14 a un massimo di 30 metri». Il luogotenente precisa che «ciò che mi ha colpito del video è l’estrema rapidità nel cambio del bersaglio. Si vede la maneggevolezza dell’arma: esplode quattro colpi in quattro secondi, poi una seconda serie di quattro colpi in altrettanti secondi».
A quel punto il pm chiede se anche il padre, Roberto Toson, si esercitasse al poligono. Ma il teste, dopo aver visionato una sessione con la doppietta, conclude che si trattava di «un tiratore non abituale». Poi per la difesa dei Toson, l’avvocato Angelo Testa chiede al teste quali parti della perizia balistica del Ris non condivide. Il luogotenente chiarisce che la loro attività si è avvalsa anche delle risultanze delle indagini in forza delle quali hanno escluso uno sparo da vicino (che è una delle due ipotesi formulata dal Ris, l’altra il colpo da 19 metri). Poi con l’altro avvocato difensore Umberto Pappadia e gli avvocati di parte civile Nicola Ottaviani e Marilena Colagiacomo, il testimone si esprime sulle condizioni di luce sul luogo del delitto, ritenute comunque «accettabili per sparare».
Su sollecitazione del presidente della corte si passa ad affrontare l’argomento dello sparo a due mani. Ma secondo il teste dalle emergenze investigative non c’è un riferimento alle due mani. Inoltre, all’avvocato Pappadia il teste risponde che non ci sono risultanze sul fatto che Mattia sparasse con la sinistra (fatto riferito da alcuni testimoni e tema affrontato pure nei ricorsi contro l’ordinanza di custodia al tribunale del Riesame e in Cassazione). L’avvocato Eugenia De Cesaris, parte civile per il Comune di Alatri, domanda al teste se normalmente si eserciti anche la mano debole, ricevendo una risposta affermativa. Anche se poi il teste chiarisce di parlare per i militari. Quindi il luogotenente aggiunge che Mattia «praticava il softair».
Acquisite poi le dichiarazioni rese durante le indagini dal responsabile del poligono, Massimo Pironi al quale sono state fatte solo alcune domande di precisazione. Questi riferisce che «le nostre lezioni sono abbastanza complete: cinque volte e sai sparare. Insegniamo sempre a sparare a due mani. Se Mattia avesse sparato a una mano lo avrei richiamato immediatamente».
A seguire il maresciallo maggiore Roberto Benini chiamato a illustrare il lavoro dei carabinieri sulle telecamere analizzate. Un lavoro certosino per individuare il percorso effettuato dallo scooter a bordo del quale sono arrivati al Girone i killer.
Tuttavia - chiarisce il teste - molte telecamere analizzate sono risultate non presenti, non funzionanti o di scarsa qualità o prive di registrazione e, dunque, di nessuna utilità per le indagini. È stato il caso di Fumone e Ferentino, ma anche di Frosinone dove le telecamere di Madonna della neve non erano funzionanti. Il percorso dello scooter è stato ricostruito così con le telecamere di Alatri. La prima immagine è delle 19.55, lo scooter procede da circonvallazione Portadini: «arriva a forte velocità - conferma il maresciallo - si vedono il colore dei caschi, uno bianco e l’altro scuro, e le scarpe chiare». La via di fuga è stata individuata in via Valle, «unica strada non ripresa dalle telecamere». Tra le curiosità solo la telecamera di via degli Ernici ha registrato il rombo dello scooter, descritto nelle precedenti udienze. Il teste si sofferma su un particolare al momento della fuga dello scooter: «una macchina è costretta a fermarsi e si vede il bagliore dello scooter che si allontana da via De Gasperi e non fa la stessa via». Procede, prosegue il teste, «verso la rotatoria di Bitta, verso la contrada Vicero, Fumone, Ferentino. In quella direzione c’è la casa della nonna, dove Mattia vive».
L’avvocato Nicola Ottaviani chiede conto della permanenza nell’area del delitto dello scooter: «30/45 secondi». Poi l’avvocato Pappadia si concentra sul dettaglio delle scarpe indossate da Mattia quel giorno: «Bianche con strisce nere, modello da basket», secondo la deposizione. Delle perquisizioni riferisce, invece, il maresciallo maggiore Giovanni Cecere del Nucleo operativo dei carabinieri di Alatri. «Nella perquisizione in località Vicero del 20 febbraio ci siamo preoccupati di verificare la copertura della videosorveglianza». E da qui, secondo il carabiniere, «abbiamo notato che le telecamere confluivano in un Dvr sul quale non c’era polvere, mentre la polvere era sul vicino camino». Per il teste, però, dal dispositivo non c’erano i sigilli di garanzia «segno che era stato aperto. All’interno mancavano l’hard disk e il cavo di collegamento. L’hard disk non è mai stato rinvenuto». Anche se sull’hard disk c’è stato un po’ di contrasto con la difesa che poi richiama l’attenzione sul ritrovamento di una pennetta con le immagini delle registrazioni.
Per il teste «i Toson erano entrambi noti all’ufficio e Roberto era sorvegliato speciale, mentre Mattia di recente era stato coinvolto in una rissa da bar». Alle domande della difesa, il carabiniere spiega come le investigazioni da subito abbiano preso la pista dei Toson. Armando Di Matteo luogotenente del Nucleo operativo di Alatri descrive una perquisizione in casa di Roberto per un’arma: «furono trovate dieci cartucce di vario calibro per cui fu denunciato». Poi su specificazione della difesa, il teste aggiunge che erano tutte pallottole di fucile. Prossima udienza il 7 giugno per altri test tra cui anche l’ex fidanzata di Mattia.
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