Spazio satira
Sparatoria in via Aldo Moro
12.03.2024 - 12:00
Il sopralluogo del pm Samuel Amari con gli agenti FOTO MASSIMO SCACCIA
Mikea Zaka, l'uomo accusato di aver sparato e ucciso il connazionale Kasem Kasmi e di triplice tentato omicidio, non parla. Dopo aver raccontato in questura la sua versione di quanto accaduto sabato sera allo Shake bar, nell'immediatezza dei fatti, fino alle tre della notte tra sabato e domenica, ieri ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere. Intanto, per oggi alle 12 il conferimento dell'incarico per l'autopsia sul corpo della vittima nonché la copia forense delle memorie dei cellulari in sequestro. L'indagine, come ha spiegato al termine del comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica dal procuratore Antonio Guerriero, è tutt'altro che conclusa. Da ricercare il movente dell'agguato come anche l'arma del delitto, una pistola calibro 22 di cui lo sparatore si è disfatto, a quanto dallo stesso dichiarato, lanciandola dal ponte sul fiume Cosa di via Verdi, dove ieri vigili del fuoco e polizia l'hanno a lungo ricercata.
L'interrogatorio
Ieri era in programma l'interrogatorio di convalida dell'arrestato. Zaka, difeso dall'avvocato Marco Maietta, sentitosi ormai braccato dalla polizia, per non parlare poi del rischio di essere, lui e iul suo gruppo, a sua volta nel mirino per un'eventuale azione di vendetta del gruppo rivale (ipotesi che ha portato la questura a rafforzare la vigilanza), si era costituito intorno alle 21.30. Davanti al gip Ida Logoluso, con la presenza anche del sostituto che coordina le indagini, il pubblico ministero Samuel Amari, l'albanese ha cambiato strategia. Ha fatto capire al magistrato che quello che aveva da dire l'aveva detto l'altra notte per cui si è avvalso della facoltà di non rispondere. Del resto la sparatoria è avvenuta sotto l'occhio delle telecamere della videosorveglianza dello Shake bar (un video divenuto ormai virale) e di quella esterna del Comune di Frosinone. E ciò ha permesso agli investigatori della squadra mobile, guidati dal vice questore Flavio Genovesi, di ricostruire nei dettagli quanto accaduto poco dopo le 19 in via Moro. Il gruppo con Zaka, composto da cinque persone, era seduto e stava consumando a un tavolino nella zona del dehor. All'improvviso sono arrivate due coppie di fratelli in fila indiana. Dopo aver parcheggiato l'auto, una Lancia Y presa a noleggio, con il motore acceso nei pressi del bar, si sono diretti verso il gruppo di Zaka. Forse li stavano cercando. Forse volevano regolare dei conti in sospeso. Fatto sta che è nata una breve colluttazione - dal video si vede l'alterco che prosegue anche dopo i primi colpi - fino a quando Zaka si alza ed esplode una serie di colpi di pistola contro i rivali. Si sentono in sequenza sei colpi, poi un settimo, forse quello che ha ucciso Kasem Kasmi, 27 anni, detto Carletto. Quest'ultimo è stato colpito tre volte, la ferita al collo sembra essere stata quella fatale, ma sul punto a fare chiarezza ci sarà l'autopsia. Ferito anche il fratello della vittima poi operato e gli altri due, feriti a spalla e gamba. Nella notte di sabato erano stati sentiti i quattro amici di Zaka, i quali hanno fornito tutti la stessa versione, confermata anche dai filmati della videosorveglianza. Nei loro confronti non è stato adottato alcun provvedimento. In futuro, ma è una possibilità, potrebbero venire indagati per rissa. Il che potrebbe riproporre la stessa situazione dell'omicidio di Thomas Bricca con riferimento all'utilizzabilità o meno delle dichiarazioni di soggetti che sono o potrebbero essere indagati. Un caso, quello di Alatri, dibattito tra il tribunale del Riesame e la Corte di Cassazione.
Il movente
Durante l'interrogatorio di sabato, Zaka aveva riferito di essersi difeso. Che erano gli altri che lo stavano aggredendo e che, in passato, lo avevano già aggredito per una ragazza contesa. Zaka ha detto che si frequentava con una donna che prima si vedeva con la vittima. E questo - secondo l'arrestato - all'altro gruppo non era piaciuto. Ma sul movente la procura è cauta. Si valuta attentamente la versione. Poi, sicuramente, quando staranno meglio, andranno sentiti gli altri feriti. Chi indaga non esclude che dietro un fatto così cruento - all'interno di un bar all'ora dell'aperitivo con il rischio di coinvolgere soggetti estranei alla disputa - possa esserci dell'altro. Ovvero uno scontro legato ai traffici di droga o al mercato della prostituzione. Del resto, gli anni scorsi, scontri anche a fuoco ci sono stati proprio per contrasti di questo genere. Zaka, peraltro, l'estate scorsa era stato bloccato dalla polizia che, all'interno del suo appartamento al Casermone aveva trovato 20.000 euro. Per questo si è fatta strada l'ipotesi che potesse essere il cassiere di una banda.
L'autopsia
Oggi alle 12 l'affidamento dell'incarico dell'autopsia sul corpo di Kasmi. La procura ha convocato il medico legale Fabio Di Giorgio. Sempre oggi ci sarà l'affidamento dell'incarico a un informatico per la copia forense delle memorie dei cellulari in sequestro al gruppo di Kasmi. Tra i telefoni sequestrati non c'è quello di Zaka, perché non l'aveva.
I precedenti
Lo scorso luglio si verificano tre sparatorie, senza feriti tra lo Scalo e Porta Campagiorni. E il caso già all'epoca desta profonda preoccupazione. Prima ancora, domenica 19 settembre 2021 si spara in carcere. Il protagonista è un detenuto campano, che con una pistola semiautomatica 7,65 con matricola abrasa spara, senza ferire, nella cella dove si trovavano quattro detenuti (due albanesi, di cui uno residente a Frosinone, e due napoletani) che, qualche giorno prima, l'avevano malmenato. In questo caso, la Direzione investigativa antimafia collega l'episodio alle tensioni insorte nella zona Nord di Napoli. Il 21 maggio del 2019 da una moto in transito vengono esplosi dei colpi di pistola all'indirizzo di una vetreria di via Fabi. Il 10 dicembre 2019, in via Albinoni, è un albanese, poi condannato per tentato omicidio, a sparare alla testa contro un macedone. Sullo sfondo contrasti legati alla prostituzione. Solo per miracolo la vittima si salva. Un altro tentato omicidio alle Fornaci il 16 aprile 2015. A scontrarsi albanesi contro romeni per questioni sentimentali. Uno degli autori è condannato per tentato omicidio. Un agosto caldo, quello del 2013 a Frosinone. Nella notte tra sabato 17 e domenica 18 la lite nel parcheggio di un pub, con momenti concitati anche in ospedale, e poi gli spari contro il lunotto delle auto di una famiglia rom. La "risposta", il 28 agosto, con gli spari contro l'auto di uno dei frusinati. Otto anni per il reato di tentato omicidio di quattro connazionali, avvenuto in Frosinone il 22 novembre 2009 in un'abitazione nella zona della Variante Casilina, è la condanna per un albanese che poi si rende latitante ma è stato arrestato nel 2017 a Lecce.
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