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Giudiziaria

Omicidio del nigeriano Kelvin Mene, tre ipotesi

Depositata la relazione del Ris. La ricostruzione: la vittima forse colpita in un agguato o durante una colluttazione. Non escluso ancora il gesto volontario

Omicidio del nigeriano Kelvin Mene, tre ipotesi

I carabinieri del Ris e della compagnia di Frosinone durante l'incidente probatorio nella casa dove il nigeriano sarebbe stato colpito

Depositata la Relazione dei carabinieri del Ris sull'omicidio del nigeriano Kelvin Mene.
L'uomo era stato ritrovato a terra in una pozza di sangue in via Ferrarelli, ferito con un'arma da taglio, mai trovata, il 6 ottobre scorso. A dare l'allarme alcuni passanti. Il ferito aveva dichiarato ai carabinieri e ai medici che si era ferito da solo. Una versione ritenuta poco credibile dai medici e dagli investigatori che, a seguito della morte, dodici giorni dopo il ricovero all'ospedale Fabrizio Spaziani, hanno iniziato a indagare per omicidio.

Così sono stati disposti l'autopsia, i sequestri degli indumenti del morto, della cartella clinica e dell'appartamento (poi restituito) dove, secondo le accuse, sarebbe avvenuta l'aggressione.
La procura ha poi indagato due connazionali della vittima, la fidanzata (in prima battuta irreperibile, poi rintracciata e sentita dai carabinieri) e la donna che lo ospitava proprio in quella casa di via Ferrarelli.
Dai rilievi del Ris nell'appartamento sono emerse tracce del sangue, ritenute compatibili con la vittima e con la fidanzata. Tra l'altro in quella casa di via Ferarrelli sono emerse anche tracce biologiche a conferma del fatto che la stessa era frequentata dalla vittima e dalle due indagate, quella che l'ospitava e l'amica.

Tre, comunque, le ipotesi al vaglio sulla base del lavoro effettuato dal Ris e dai carabinieri del Nucleo operativo e radiomobile della compagnia di Frosinone che indagano sull'omicidio. L'ipotesi d'accusa, infatti, è di omicidio volontario. A coordinare le indagini il sostituto procuratore Beatrice Neroni.

La prima ipotesi è che l'uomo potrebbe essersi autoinferte le ferite con un coltello o punteruolo (ma l'arma non è stata trovata), una tesi, dunque, ancora non del tutto esclusa almeno in via teorica, la seconda che possa essere stato vittima di un'aggressione e la terza che possa essere stato ferito nel corso di una colluttazione.
L'uomo, poi, era uscito di casa ed era stato trovato in strada da alcuni passanti che avevano lanciato l'allarme. Dopo dodici giorni di ricovero in ospedale è intervenuta la morte.

I difensori delle donne avevano sollevato diverse eccezioni impugnando al tribunale del Riesame i sequestri degli indumenti intrisi di sangue, dell'appartamento e delle cartelle cliniche. Il Riesame però li ha respinti. Nel frattempo, conclusi tutti gli accertamenti, è stata la procura a dissequestrare la casa.
Il 1° marzo, intanto, è fissata l'udienza per l'incidente probatorio nel quale saranno discussi la relazione del Ris, gli accertamenti condotti dai carabinieri e l'esame autoptico. Il 20 marzo si terrà, invece, la perizia sul telefono. Sempre a marzo anche la Corte di Cassazione si pronuncerà sul ricorso delle indagate contro il sequestro degli abiti.
Le due nigeriane sono difese dagli avvocati Pierluigi Taglienti, Alfredo Frasca e Paola Fedele.

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