Spazio satira
L'inchiesta
08.02.2024 - 13:00
Un momento del blitz di squadra mobile e finanzieri negli uffici della Banca popolare del Frusinate nel corso della giornata di martedì FOTO MASSIMO SCACCIA
A breve gli ispettori della Banca d'Italia potrebbero arrivare nella sede della Banca popolare del Frusinate.
È la risposta all'inchiesta condotta dalla procura di Frosinone che ha portato ai domiciliari il direttore generale Rinaldo Scaccia e due funzionari dell'istituto, Luca Lazzari e Lino Lunghi. Gli ispettori potrebbero arrivare già dalla prossima settimana, secondo quanto riferito ieri da Milano Finanza e quanto apprende LaPresse da fonti qualificate. A muoversi sarà il dipartimento Vigilanza bancaria e finanziaria di palazzo Koch. Atto dovuto, a tutela della stessa banca e dei risparmiatori.
L'inchiesta, condotta dal sostituto procuratore Adolfo Coletta, si è basata su un'informativa congiunta della squadra mobile (del 2020 i primi accertamenti della questura) e del nucleo di polizia economico finanziaria delle Fiamme gialle.
Diversi i reati contestati a vario titolo: associazione per delinquere, intestazione fittizia di valori, abusivo esercizio continuato dell'attività di mediatore creditizio, concorso in indebita compensazione di importi con utilizzo di crediti inesistenti, concorso in bancarotta pluriaggravata, concorso in utilizzo e in emissione di fatture per operazioni inesistenti, concorso in riciclaggio e autoriciclaggio, più tutta una serie di falsità ideologiche commesse dal privato in atto pubblico, concorso in infedeltà patrimoniale dell'amministratore e concorso in falsità ideologica commessa dal notaio in atto pubblico.
Nel mirino, oltre alle aste immobiliari operazioni legate ai bonus edilizi come per il bonus facciate. Massima attenzione anche sui flussi di denaro e alle cosiddette "mattonelle": «somme di denaro contante variabili fra i 10.000 ed i 70.000 euro (convenzionalmente chiamate "mattonelle") - scrive il gip - Dette somme venivano restituite a mezzo bonifici/assegni». Lo schema triangolare delle fatturazioni - ritiene l'accusa - avrebbe reso «fruibili i fondi neri dopo la ripulitura». In un passaggio dell'ordinanza, peraltro, il gip dà conto di un controllo stradale a De Santis, trovato con «tre mazzette di banconote da 50 euro». Al che «De Santis dichiarava che la somma di denaro ammontava a 14.950 euro... e di esserne il proprietario».
Ieri via ai primi interrogatori, dalle persone in carcere. A cominciare dallo stesso Angelo De Santis e da Marino Bartoli, difesi dall'avvocato Angelo Testa, che hanno risposto alle domande del gip e hanno rigettato le accuse. In modo particolare De Santis ha chiarito sui rapporti con la banca e ha rilevato la bontà delle operazioni di acquisizioni immobiliari, garantite da contratti di locazione pregressi, trattandosi di beni acquisiti da procedure concorsuali. L'indagato si è detto stupito di alcune contestazioni, riferendosi anche a condotte ormai datate nel tempo e al fatto che ora non lavori più con la BpF ma con un altro istituto.
Domani, intanto, si proseguirà con gli esami di quanti sono ai domiciliari, assistiti dagli avvocati Pierpaolo Dell'Anno, Giorgio Igliozzi, Sandro Salera e Paolo Marandola.
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