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L'udienza

Omicidio Romina De Cesare, Pietro era consapevole di ciò che faceva

Il consulente medico della difesa: Ialongo non riusciva a contenere le emozioni ma era consapevole. La Corte d'assise ha nominato un perito

Omicidio Romina De Cesare, Pietro era consapevole di ciò che faceva

Gli investigatori con il pm Vittorio Misiti durante il sopralluogo dopo la scoperta dell'omicidio

Difficoltà a controllare le proprie emozioni, ma consapevole di ciò che faceva. Sono alcuni passaggi chiave del contro-esame del consulente tecnico della difesa nel processo, davanti alla Corte d'assise di Frosinone, a Pietro Ialongo per l'omicidio dell'ex fidanzata Romina De Cesare, i due giovani molisani che condividevano l'appartamento in via del Plebiscito, dove si è consumato il delitto il 2 maggio del 2022.

Il presidente della corte, il giudice Francesca Proietti, ha affidato la consulenza tecnica d'ufficio al dottor Peppino Nicolucci. Quest'ultimo dovrà accertare le condizioni psicofisiche dell'imputato e, nel caso dovesse accertare una malattia, spiegare se i disturbi abbiano inciso, e in che misura, sull'omicidio. Al perito il compito di accertare l'eventuale pericolosità sociale di Ialongo e, se occorra, quale sia la misura di sicurezza più appropriata. La parte civile ha nominato un proprio consulente nel dottor Tommaso Gualano.

In precedenza il continuo della deposizione del dottor Ottavio Di Marco sul disturbo della personalità "Nas" (non altrimenti specificato, ndr) diagnosticato all'imputato. Le domande gli sono state poste dagli avvocati di parte civile per la famiglia De Cesare, Danilo Leva e Fiore Di Ciuccio. Il consulente della difesa Ialongo, rappresentata dagli avvocati Riccardo Di Vizio e Vincenzo Mercolino, ha accennato a una «serie di eventi traumatici» e a «modificazioni emotive che rendevano sempre più difficile contenere le emozioni tanto che ha messo in atto il fatto reato». Il consulente ha descritto una «progressione del disturbo emotivo, un crescendo di angoscia».

Più nello specifico la «difficoltà a relazionarsi con l'altro» ma ha negato «una sintomatologia psicotica». Quindi da una parte «la compromissione della capacità di contenere le emozioni» e dall'altra «la messa in atto dell'azione», ma senza un nesso causale perché - ad opinione del medico - era «capace di comprendere ciò che stava facendo». Il presidente della corte ha chiesto alcuni chiarimenti. Il primo sui tentativi di suicidio dell'imputato. E il consulente ha confermato di averne parlato con Ialongo.

Quindi la domanda successiva verteva sui rapporti tra imputato e vittima nell'ultima fase. «Non riusciva a realizzare la portata di quello che stava succedendo - la risposta del perito - Non riusciva ad accettare il passo successivo». Il consulente ha parlato dei rapporti economici tra i due ormai ex fidanzati. «Ialongo ha fatto riferimento alle bollette. Aveva prolungato la permanenza in quella casa perché non era stata variata l'intestazione. In questo vedo immaturità, il voler lasciare una porta aperta, nonostante fosse stato lui a decidere di interrompere. Immaturo nel senso che aveva difficoltà a staccarsi. L'angoscia lo ha sopraffatto».

Il presidente ha fatto notare che gli psichiatri in ospedale che lo hanno visitato subito dopo l'arresto non hanno notato nulla e che l'imputato, la sera stessa, nonostante l'avvocato lo avesse sconsigliato, aveva risposto all'interrogatorio. «Non aveva un blackout, non è riuscito a bloccarsi. È stato impulsivo, ma era capace» ha concluso il consulente. Il pm Vittorio Misiti ha prodotto la videoregistrazione dell'interrogatorio di Ialongo.

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