Spazio satira
La ricostruzione
14.06.2023 - 09:12
Un momento della conferenza stampa di presentazione dell'operazione “Welcome to Italy”
"Welcome to Italy", l'accoglienza torna in aula. E lo fa con l'escussione di poco meno di una ventina di testimoni delle difese, chiamati a rispondere e spiegare la gestione delle cooperative sia da un punto di vista tecnico-contabile ma anche in relazione ai meccanismi di controllo successivi agli affidamenti. In aula, infatti, commercialisti, psicoterapeuti e assistenti sociali.
L'indagine, lo ricordiamo, che ha portato in aula 22 imputati venne portata avanti da polizia e finanza. Aperta sui fondi destinati a vestire, nutrire e istruire i richiedenti asilo ma impiegati, secondo le accuse, per ben altre attività.
Nell'udienza fiume di ieri sono state analizzate le relazioni amministrative e quelle tecnico-contabili tra le coop e alcune strutture sanitarie ma anche la gestione delle stesse cooperative e i controlli che venivano eseguiti. Focus, ad esempio, sui sistemi di integrazione dei minori: ascoltato uno psicoterapeuta, coordinatore della struttura di Scapoli, che ha collaborato anche con altre realtà molisane. «Ho gestito i minori subito dopo l'accoglienza. Le problematiche erano tante, la maggiore certamente la loro integrazione nei piccoli paesi. Non abbiamo quasi mai avuto problemi sostanziali tranne qualche danneggiamento. Ma casi specifici» racconta il coordinatore. Che incalzato dal pm Mattei rammenta, ad esempio, di una lite tra due ragazzi. Poi fa riferimento a progetti specifici: calcio, attività culturali di vario genere e scuola: «Fondamentali le lezioni a scuola per permettere loro di apprendere l'italiano».
I controlli venivano eseguiti su tutte le strutture del territorio. «Come ufficio entravamo in gioco quando i minori venivano inseriti nelle case famiglia e li rappresentavamo come servizi sociali - ha invece spiegato una assistente sociale per l'Ufficio minori di Roma - Ogni due o tre mesi andavo nelle strutture per controllo. Anche qui a Cassino, in Molise e ad Atina. Erano adeguate, magari c'erano cose da sistemare e ne parlavamo con i responsabili: solitamente poi le sistemavano. Io non ho mai segnalato criticità in quegli anni. L'attività di accoglienza dei minori (soprattutto egiziani) in alcuni periodi è diventata emergenziale e spesso da Roma li portavamo in altri Comuni: i minori venivano collocati dalla sala operativa capitolina. Venivano accolti anche minori particolarmente difficili: se c'era un ragazzo che creava problemi, ci contattavano e si cercava insieme - con i responsabili - della struttura o di far rientrare la situazione o di trasferirli». Ora si torna in aula il prossimo 27 giugno. La sentenza si avvicina.
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