«Aveva dei rami sul viso. Il corpo era visibilissimo, ben sistemato. Si voleva assicurare una vera compostezza a Serena. Sopra al nastro bianco largo c'era del fil di ferro posizionato con delle pinze. Quasi a voler assicurare il corpo. Le braccia dietro al corpo. Blocco tutto, avviso la centrale operativa, poi l'arrivo dei colleghi e della pg».

Un racconto nitido quello fornito dall'ex maresciallo della stazione di Fontana Liri, Tersigni, che descrive il ritrovamento di Serena in località Fonte Cupa, con estrema accuratezza. Dai primi momenti, quando Serena era una ragazza scomparsa con le ricerche della protezione civile alla chiamata per il sopralluogo.
L'ex maresciallo riferisce della richiesta da parte dei volontari di cercare la studentessa perché temono possa essersi gettata nel fiume. Parlano di depressione. Ma Serena non è mai stata una ragazza depressa e la famiglia, alla fine dell'udienza, smentisce con forza.

«Arriva l'ex maresciallo Mottola. Non tocca il corpo, annuisce e tocca lo stinco della gamba destra e dice è appena iniziato il rigor mortis. Verso le 16 arriva il medico legale, descrive la scena, vede la rigidità quando gira il cadavere  - aggiunge  -Giunge il reparto operativo di Frosinone. Circoscriviamo meglio la zona».
Ma la borsa non c'è. «Non si trova né la borsetta né il cellulare. Disboschiamo per circa mezzo metro gli arbusti e a circa sette metri dai piedi di Serena, legati per zelo con un fil di ferro, appare un rotolo di nastro isolante vuoto, un paio di forbici, una matassina di color rosso del fil di ferro. Accanto un bidone unto di grasso».

Da queste parole parte il video del rinvenimento di Serena. A guardarlo, per la prima volta in aula, anche Anna Maria, moglie dell'ex maresciallo Franco Mottola e madre di Marco. Emozionata. Siedono accanto. A pochi metri gli altri due ufficiali coinvolti, Vincenzo Quatrale e Francesco Suprano con le loro difese. Dall'altro lato della stanza Consuelo, sorella di Serena: tiene gli occhi bassi durante il video.
A sostenerla l'avvocato Sandro Salera - che poi ringrazia -e lo zio Antonio.

È l'avvocato di Guglielmo e di Antonio, De Santis, che chiede (in piena sintonia con gli avvocati Nardone e Salera) che le tv accreditate fermino le riprese. Troppo crude le immagini mostrate, molto più difficili da digerire delle foto drammatiche già mostrate. La Corte accoglie la richiesta.

«La ragazza non poteva essere stata uccisa lì  - prosegue Tersigni - Dopo la sua mortesi è iniziato a diredi tutto: persino di piste sataniche».

Il cellulare scomparso
A confermare i depistaggi raccontati per anni da papà Guglielmo è stata la testimonianza dell'allora comandante dell'aliquota radiomobile di Pontecorvo, il maresciallo Gaudio. «Serena era scomparsa. Entriamo in casa: cercavamo un biglietto, qualcosa. Non ricordo se entrammo tutti. Sfogliammo alcuni quaderni». Poi il 3 giugno arriva la chiamata, racconta ancora. «Arriviamo sul posto, vedo già le auto parcheggiate. Scendiamo.
Vedo la ragazza che sembrava un manichino. Cerchiamo di aiutare. Poi andiamo a casa di Serena in cerca di una maglietta: qualcuno offre informazioni.
Forse Serena era tornata a cambiarsi?».

«Dopo tre giorni viene trovato il telefono di Serena nel primo cassetto del comò, quello che abbiamo aperto per la maglia. E veniamo a sapere che in un cassetto, non so di che stanza, anche una piccola parte di hashish. Ma quando avevamo fatto l'ispezione il 3 giugno non avevamo trovato nulla». Parte una raffica di domande. Le difese sono agguerrite: gli avvocati Candido e D'Arpino per Quatrale, Germani e Mancini per Suprano.

Il pool della difesa dei Mottola, con gli avvocati Marsella e Di Giuseppe, sollevano poi al pm la contestazione relativa alla presenza nei giorni precedenti in procura proprio del maresciallo Gaudio. Il pm Siravo chiarisce subito di averlo incontrato per una «semplice rinfrescata di memoria» senza che sia mai avvenuta lettura delle sommarie informazioni. Nella prossima udienza verranno ascoltati altri quattro carabinieri, tra cui un militare del Ris. Si torna in aula venerdì.