Ceprano
29.08.2025 - 09:00
Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha dato ragione alla “Associazione nazionale libera caccia” annullando l’ordinanza con cui il sindaco di Ceprano, lo scorso 8 aprile, aveva vietato la caccia al cinghiale in una vasta porzione del territorio agro-silvo-pastorale e condannando il Comune alle spese di giudizio.
Il provvedimento del sindaco, motivato formalmente come misura a tutela della pubblica incolumità, aveva suscitato polemiche e proteste da parte del mondo venatorio. E a nulla era valsa la formale richiesta di “Libera caccia” di annullare la delibera. Secondo i giudici amministrativi l’atto è viziato da un “palese difetto di istruttoria, da un eccesso di potere e da altre violazioni di legge” e inoltre non risulta coerente con le linee guida di contrasto alla peste suina africana.A impugnare l’ordinanza davanti al Tar è stata proprio l’associazione “Libera caccia”, difesa dagli avvocati De Simone e Ullucci, unica associazione venatoria a intraprendere un’azione legale contro il provvedimento del sindaco Marco Colucci.
«Non ci siamo fermati alle parole - sottolinea il presidente nazionale Paolo Sparvoli - ma ci siamo assunti la responsabilità di agire concretamente. È una vittoria non solo per Ceprano, ma per tutti i cacciatori italiani». Sulla stessa linea il segretario generale Angelo Ciotoli, che ha firmato l’atto di ricorso: «Abbiamo contrastato con strumenti legali e tecnico-scientifici una decisione che rischiava di sostituirsi alle competenze dello Stato e delle Regioni in materia venatoria». La sentenza è stata accolta con soddisfazione dal mondo venatorio locale, che nei mesi scorsi aveva visto sospesa un’attività radicata nella tradizione e utile anche per il contenimento della fauna selvatica. Ora, con la caduta del divieto, la stagione di caccia al cinghiale potrà riprendere regolarmente anche nel comprensorio cepranese.
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